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Giostre del Toppo - Wikipedia

Giostre del Toppo

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Le Giostre del Toppo furono una battaglia combattuta il 26 giugno 1288 fra Guelfi prevalentemente senesi e Ghibellini prevalentemente aretini presso Pieve al Toppo.

Indice

[modifica] L’iniziativa militare guelfa

In due importanti città toscane, Pisa e Arezzo, si era consolidato nel 1288 un predominio ghibellino. In particolare ad Arezzo gli esponenti della parte guelfa erano stati costretti a lasciare la città che rimase saldamente alla parte ghibellina, rappresentata dal vescovo Guglielmino degli Ubertini, e dai suoi luogotenenti. I Guelfi, soprattutto fiorentini, decisero di intervenire ed organizzarono una coalizione per attaccare Arezzo. Fu radunato un esercito in gran parte fiorentino e senese che, il primo giugno 1288 assediò Arezzo dopo aver espugnato alcuni castelli minori. Ci si rese subito conto che la difesa della città era troppo ben organizzata e, dopo alcune settimane, l’assedio fu tolto non senza aver danneggiato le campagne e dileggiato gli avversari. Nel togliere l’assedio fu commesso un grave errore strategico: l’esercito fu diviso. I fiorentini, infatti presero la via del Valdarno per tornare alla loro città e i senesi cominciarono ad attraversare la Val di Chiana, allora paludosa, per tornare a Siena passando da Lucignano, che intendevano attaccare.

[modifica] Preparazione dei ghibellini

L'esercito ghibellino era uscito dall’assedio in buone condizioni e, se era impensabile affrontare in campo aperto l’intero esercito guelfo, vedeva alla sua portata la parte senese in ritirata. Conoscendo bene il territorio circostante, sapevano che i senesi sarebbero dovuti passare da Pieve al Toppo perché era l’unico punto in cui la palude della Chiana poteva essere guadata da un esercito. Si decise, allora, di organizzare una spedizione per raggiungere i senesi e sbarrar loro la strada.

[modifica] La battaglia

Il contingente guelfo era guidato da Ranuccio Farnese e contava 3000 fanti e 400 cavalieri. I ghibellini, comandati da Bonconte di Montefeltro e Guglielmo dei Pazzi (detto Guglielmo Pazzo) avevano inviato 2000 fanti e 300 cavalieri, divisi in due formazioni: la prima all’inseguimento sulla stessa strada percorsa dai senesi; la seconda percorse invece la strada di Battifolle, Viciomaggio e Mugliano. Marciando anche la notte raggiunsero i senesi il 26 giugno e attaccarono di sorpresa. I senesi avanzavano in formazione corretta: fanti al centro e cavalieri disposti ai lati in protezione ma i balestrieri avevano le armi sul dorso dei muli e i cavalieri erano senza lancia, poiché anche queste armi venivano trasportate a parte, e avevano lo scudo assicurato al cavallo, come si usa durante le marce. Gli aretini bersagliarono la colonna nemica con un fitto tiro di quadrelli e verrettoni. Mentre i senesi cercavano disperatamente di disporsi in battaglia anche il loro comandante, Ranuccio Farnese, fu colpito a morte. A quel punto ci fu la carica di cavalleria dei feditori aretini e la battaglia fu decisa. Cominciò la cruenta fase della caccia nella quale, prima della fine della giornata, furono uccisi oltre 500 combattenti guelfi a fronte di perdite quasi nulle dei ghibellini.

[modifica] Fama della battaglia

La battaglia è ricordata da Dante nel canto XIII dell’Inferno dove fra gli scialacquatori compare Lano da Siena: un personaggio che la tradizione popolare ricorda come un ricco ereditiero che trascorre la vita in feste e orge dilapidando la propria fortuna prima di morire nella battaglia di Pieve al Toppo.

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