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Buco nell'ozono - Wikipedia

Buco nell'ozono

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Si definisce comunemente buco nell'ozono la riduzione temporanea dello strato di ozono (ozonosfera) che avviene ciclicamente durante la primavera nelle regioni polari (la diminuzione può arrivare fino al 70% nell'Antartide e al 30% nella zona dell'Artide). Per estensione il termine viene utilizzato per indicare il generico assottigliamento dello strato di ozono della stratosfera che si è riscontrato a partire dai primi anni 80 (stimata intorno al 5% dal 1979 al 1990).

Il Buco dell'ozono sull'antartide(Polo Sud) nel settembre del 2006 è il più grande mai registrato ai giorni nostri.
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Il Buco dell'ozono sull'antartide(Polo Sud) nel settembre del 2006 è il più grande mai registrato ai giorni nostri.
Il buco nell'ozono sull'antartide nel 2000
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Il buco nell'ozono sull'antartide nel 2000


Lo strato di ozono (O3) funge da filtro per le radiazioni ultraviolette (trattenendo da solo circa il 99% della radiazione UV solare), che possono essere dannose per la pelle (melanomi), causare una parziale inibizione della fotosintesi delle piante (con conseguente rischio di diminuzione dei raccolti) e distruggere frazioni importanti del fitoplancton che è alla base della catena alimentare marina.

Indice

[modifica] Il ciclo dell'ozono

Il meccanismo di schermo è semplice: quando un raggio ultravioletto colpisce una molecola di ozono, questa lo assorbe scindendosi in O2 + O. L'ossigeno monoatomico formato reagisce con una molecola di O2 per formare ancora ozono, e il ciclo quindi ricomincia.

[modifica] Formazione dell'ozono

Nel dettaglio l'ozono è prodotto mediante la seguente reazione:

O2 + radiaz. UV -> O + O
O + O2 -> O3

[modifica] Consumo dell'ozono

In seguito le radiazioni solari dissociano una molecola di ozono in una di ossigeno biatomico ed una in ossigeno monoatomico:

O3 + radiaz. UV -> O2 + O (filtro UV)

Durante la notte l'ossigeno monoatomico, essendo altamente reattivo, si combina con l'ozono per formare due molecole di ossigeno biatomico:

O3 + O -> 2 O2

L'equilibrio di queste reazioni fotochimiche è facilmente perturbato da molecole che possono interferire come i composti clorurati, i bromurati e gli ossidi di azoto prodotti dall'attività antropica. In particolare i clorofluorocarburi (o CFC, utilizzati nei circuiti di refrigerazione dei frigoriferi e negli impianti di condizionamento) sono considerati fra i principali responsabili del buco nell'ozono.

[modifica] La scoperta del buco dell'ozono

Incremento del buco nell'ozonosfera dal 1979 al 2003 - Fonte: NASA
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Incremento del buco nell'ozonosfera dal 1979 al 2003 - Fonte: NASA

Nel 1984 alcuni ricercatori di una spedizione inglese nell'Antartide rilevarono una diminuzione del 40% dell'ozono nella stratosfera sopra la loro base. Le misurazioni vennero confermate da un'altra base e quindi portate a conoscenza della comunità scientifica.[1] I risultati vennero poi confermati dalle misurazioni registrate dal satellite Nimbus 7 della NASA.

Già in precedenza si era scoperto che i CFC potevano distruggere l'ozono (v. ozonosfera). Nel settembre del 1987 gli strumenti installati a bordo di un aereo in volo dal Sud America al Polo Sud mostrarono che la presenza di ozono variava in senso inverso rispetto alla presenza di monossido di cloro (prodotto, insieme ad ossigeno biatomico, della combinazione di cloro e ozono) e che la concentrazione di monossido di cloro era particolarmente elevata nella zona del "buco".[2]

Fra la maggior parte dei chimici e fisici dell'atmosfera, è opinione diffusa che la comprensione scientifica ha raggiunto un livello che giustifica contromisure per limitare la diffusione dei CFC, anche se la decisione finale spetta all'opinione pubblica e ai legislatori.

Una critica mossa più volte alle teorie sul buco dell'ozono è che i CFC sono più pesanti dell'aria e non possono quindi raggiungere la stratosfera: in realtà, le turbolenze dell'aria sono abbastanza forti per mescolare completamente tutti i gas dell'atmosfera, che non risultano quindi "ordinati" per peso. Allo stesso modo dei CFC, argon, kripton e altri gas più pesanti dell'aria raggiungono gli strati più alti dell'atmosfera. In ogni caso, nonostante il consenso generale della comunità scientifica, lo studio della riduzione dell'ozono è estremamente complesso, e non sono mancati i punti problematici. Per esempio, nonostante sia dimostrato che l'esposizione ai raggi ultravioletti è un fattore di rischio per lo sviluppo di melanomi, non è stato possibile stabilire un collegamento statistico diretto tra l'impoverimento dello strato di ozono e l'incremento di melanomi.

[modifica] Le decisioni in sede internazionale

Le ricerche sui danni provocati dai raggi ultravioletti non schermati dall'ozono sono recenti e non hanno ancora dato risultati definitivi. Ciò nonostante già nel 1987, sotto la pressione delle associazioni ambientaliste, della comunità scientifica, dell'opinione pubblica e dell'UNEP, venne firmato il protocollo di Montreal, che imponeva la progressiva riduzione della produzione di CFC. L'accordo rimase tuttavia debole e poco efficace, anche perché molti paesi industrializzati non lo firmarono.

Si avevano da un lato grandi aziende dei paesi occidentali (tra esse la DuPont) che esitavano a rinunciare agli investimenti dedicati alla produzione di CFC, dall'altro paesi ad economia pianificata che denunciavano difficoltà di altro tipo: l'URSS, ad esempio, esitava sostenendo che il piano quinquennale in corso non consentiva variazioni repentine, la Cina aveva in corso la diffusione di frigoriferi in milioni di abitazioni.

Gli Stati Uniti e l'Unione Europea dichiararono nel 1989 che avrebbero cessato la produzione dei cinque più comuni CFC entro il 2000, e la decisione venne poi condivisa a Londra nel 1990 da altri 90 paesi, grazie anche alla costituzione di un fondo per sostenere la conversione dai CFC ad altri prodotti.

Ulteriori misurazioni di satelliti mostrarono però l'anno dopo che la distruzione dell'ozono procedeva più velocemente di quanto si fosse stimato ed altri paesi si impegnarono a cessare la produzione di CFC entro il 2010.

Negli ultimi anni si sono avuti sia ulteriori, più rigorosi, accordi internazionali (Copenaghen 1992, Vienna 1995, Montreal 1997, ecc.), sia periodiche verifiche scientifiche.[3]

Nel 2000 la produzione di CFC è scesa dal suo massimo di un milione di tonnellate (raggiunto nel 1988) a meno di 100.000 tonnellate per anno, grazie anche all'introduzione dei meno dannosi idroclorofluorocarburi (HCFC); per alcune applicazioni (come i condizionatori per automobili), si è passati anche all'uso di idrofluorocarburi (HFC) che, non contenendo atomi di bromo o di cloro, non sono dannosi per lo strato di ozono (ma che sono comunque dei potenti gas serra).

[modifica] Note

  1. J.C. Farman, B.G. Gardiner, J.D. Shanklin. «Large Losses of Total Ozone in Antarctica Reveal Seasonal ClO/NO2 Interaction». Nature, 1985.
  2. J.G. Anderson, W.H. Brune, M.J.Proffitt. «Ozone Destruction by Chlorine Radicals within the Antarctic Vortex: The Spatial and Temporal Evolution of ClO-O3 Anticorrelation Based on in Situ ER-2 Data». Journal of Geophysical Research, agosto 1989.
  3. Si può seguire la vicenda nelle pagine del Segretariato per l'Ozono dell'UNEP.

[modifica] Voci correlate

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