Wiligelmo
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Wiligelmo (XI-XII secolo) scolpisce le porte del Duomo di Modena ed è l'unico nome di scultore che ci perviene: infatti,prima di lui, il mestiere di scultore era considerato di scarsa importanza e in nessuna opera scultorea veniva indicato il nome dello scultore.
Molto probabilmente era un artigiano che teneva bottega a Modena con diversi discepoli che poi sono anche loro intervenuti nella decorazione del Duomo (sono tutti anonimi e vengono indicati nelle pubblicazioni d'arte coi nomi di Maestro di Artù, Maestro di S. Geminiano, Maestro delle metope). Il suo nome ci perviene da una scritta in caratteri diversi posta sotto la lastra della facciata del Duomo indicante la data di fondazione della chiesa che elogia nel latino dell'epoca la sua opera di scultore. Doveva anche godere di una notevole considerazione se il popolo modenese che voleva costruire una notevole cattedrale non lo cercò fuori di Modena come aveva fatto per l'architetto Lanfranco fatto venire dal nord della Lombardia, ma lo scelse proprio a Modena.
Fra i più noti rilievi di Wiligelmo sono quelli con Storie della Genesi, oggi inseriti appunto nella facciata del Duomo di Modena. Anticamente è probabile che abbiano fatto parte del prospetto del pontile della chiesa, ovverosia il parapetto del presbiterio. Da essi, comunque sia, vediamo emergere le qualità dell'autore: aderenza al tema trattato, espressività, sintetizzazione, essenzialità, non vengono descritti gli ambienti, ma i soggetti vengono colti durante le loro azioni, esaltando la loro esistenza, esempio tipico è quello del cieco Lamech che uccide Caino in cui la cecità è resa mirabilmente dal suo atteggiamento . Il tutto costituisce una narrazione sommaria. Si osservi, ad esempio, La Creazione della Donna, dove l'ambiente in cui avviene il miracolo è indicato da una roccia tondeggiante, che rappresenta le acque del fiume Paradiso.
Non è il naturalismo romano, classicheggiante o funzionale alla narrazione storica. Ma non è neanche la concezione a spaziale bizantina. E' piuttosto una trasformazione del simbolismo bizantino. Non è fatto per intuire un'idea, ma per far concepire la realtà del luogo, senza descriverlo dettagliatamente, ma dando efficacemente solo degli accenni, per lasciare l'immaginazione allo spettatore. la sua scultura è alquanto rozza, si direbbe volutamente sommaria per essere più comprensibile ai poveri analfabeti cui era didatticamente rivolta. Ciò però non deve indurre a pensare a carenze tecniche dello scultore perché nei due genietti porta fiaccola della facciata del Duomo, ad esempio, la tecnica di Wiligelmo può dirsi pari a quella delle opere degli scultori classici che probabilmente egli aveva potuto osservare nei reperti romani venuti in luce quando si scavò per trovare pietre e si mise in luce la necropoli romana ricca di lapidi e sarcofagi.
Alcuni elementi della sua tecnica ricordano la scultura aquitanica , in modo particolare quella del chiostro dell'Abbazia di San Pietro a Moissac e quella di St.-Saturnin nella vicina Tolosa. Si è discusso a lungo su questi contatti, presupponendo una formazione di Wiligelmo entro l'ambito di quei cantieri. Non vi è dubbio che questi contatti esistano, ma più che una dipendenza di Wiligelmo delle sculture aquitaniche (del resto di poco precedenti quelle di Modena), si tratta di una contemporaneità culturale, di reciproci scambi, pur nell'affermazione individuale della personalità di ogni singolo artista.
Si può parlare di una scuola wiligelmica non solo per i suoi allievi ma anche per due altri grandi scultori dell'epoca Niccolò attivo a Ferrara e Benedetto Antelami a Parma, di poco posteriori a lui che, secondo alcuni critici d'arte, pur nella loro personalità artistica indipendente mostrano di avere subito la sua influenza.
