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Rapporto tra musica e religione - Wikipedia

Rapporto tra musica e religione

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

L’indissolubilità della correlazione fra musica e religione è dovuta, alla fortissima valenza simbolica attribuita, da sempre, al suono inteso originariamente nel senso strettamente fonetico del termine. Suoni e parole diventano quindi simboli (dal greco súmbolon ovvero “unire”) in grado di mettere in contatto immanente con trascendente, in grado soprattutto di superare il concetto noumenico che prevede l’inevitabile rottura tra ciò che esiste, nella totalità dell’essenza, e ciò che si conosce.

La musica in più rispetto al suono, possiede la ricerca dell’equilibrio e di conseguenza della bellezza intesa in termini assoluti. La musica è quindi bellezza divina, la musica è Tob parola che sintetizza i concetti di bellezza assoluta in senso estetico e bontà assoluta in senso morale (dall’ebraico Tob-jah ovvero Dio di bontà e bellezza). La bellezza della musica gode inoltre della “incorruttibilità” estetica nella dimensione temporale proprio come la divinità, e come la divinità può influenzare invisibilmente la vita di ogni uomo. Il musica inoltre è energia e quindi simbolo di vita essa è esclusivamente in continuo divenire.

La musica rinchiude i tre elementi fondamentali dell’esistenza umana che sono: la fisicità, rappresentata dal ritmo ovvero la pulsazione intesa come battito cardiaco, ma anche come pulsione istintuale; la spiritualità, rappresentata dall’aspetto melodico inteso come anelito (dal latino anhelitus respiro frequente e vivo desiderio) verso il trascendente e il divino e come tensione attraverso lo spazio - tempo; l’aspetto armonico si può invece intendere come la ratio nella percezione del rapporto di equilibrio fra più elementi, ma il concetto di armonia si può anche estendere al senso pitagorico dell’ armonia delle sfere in cui la musica, nei suoi rapporti armonici, è la proiezione diretta di ogni elemento del cosmo uomo compreso.

Indice

[modifica] Premessa storica

Nelle tribù il suono dei tamburi era molto di più di un semplice mezzo di comunicazione, esso si trasformava in mera forma di preghiera simboleggiando lo spirito “che si perde” nell’immenso, spesso lo spirito/musica era accompagnato da danze in onore delle divinità in cui la bellezza era simboleggiata dal movimento.

Fin dall’antichità musica e religione rappresentano quindi un binomio inscindibile, in modo particolare nell’antica civiltà cinese la musica era l’unica arte capace di educare i giovani alla spiritualità, misticismo e musica erano considerati sinonimi, e proprio nella musica stava il segreto del perfetto equilibrio cosmologico tra cielo, terra e mare. Tutto questo spiega il perché della tipica lentezza esecutiva della musica della Cina antica in cui ogni suono ha un ruolo nel tempo e nello spazio, non esiste fraseologia musicale, ma concatenazioni di suoni indipendenti su cui fermarsi a meditare.

Per gli antichi greci la musica era “la cura dell’anima”, ogni particolare “tonalità” musicale era in grado, secondo le teorie del tempo, di scaturire una particolare “suggestione psichica”. In questa teoria denominata dell’ ethos ( energia “che affascina”) ogni “suggestione” creata dalla musica poteva recare miglioramento a determinate carenze dello spirito della mente e persino del corpo.

Il mantra fondamentale per l'induismo "Aum"
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Il mantra fondamentale per l'induismo "Aum"

Anche la musica indiana, sia karnatica (del sud dell’India) che indostana (del nord dell’India) è considerata di derivazione divina, essa infatti deriverebbe direttamente dalla trimurti (Krishna Shiva e Vishnu) la quale ne avrebbe insegnato regole e dettami ai musicisti ai quali a loro volta spetta il compito di intervenire sui nove sentimenti che, secondo la musica indiana, l’essere umano è in grado di provare. Nascono in questo modo i raga ovvero combinazioni di stilemi melodici detti swara, ogni raga inoltre produce uno swaroopam ovvero una “suggestione psichica” particolare con influenze specifiche all’interno della natura umana.

Molto si potrebbe poi dire sui mantra, ovvero quei suoni in grado di liberare la mente umana dai pensieri presenti sia nell’induismo che nel buddhismo.

Nell’Islam, tra il VI e il VII secolo, grande importanza ha avuto, e ha tuttora, il movimento esoterico spirituale del tasawuf o sufismo. Questo movimento costitutito su concetti folosofici che potremmo definire “dialogali”, vede nella musica e nella danza il mezzo più adeguato per l’incontro con Dio (dhikr). Attraverso l’ascolto (sama), si compie infatti un cammino tra gli equilibri del cosmo si suona e si danza guidati dal “sacerdote” chiamato shaykh.

[modifica] Cristianesimo

L'Introito Gaudeamus omnes, scritto in notazione quadrata nel XIV - XV secolo
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L'Introito Gaudeamus omnes, scritto in notazione quadrata nel XIV - XV secolo

Oggi non possediamo alcun documento musicale dei cristiani dei primi secoli, non vi sono quindi testimonianze dirette. Possiamo però affermare che la prima comunità cristiana di Gerusalemme, uscita dal giudaismo, aveva una grande familiarità con il canto e la musica della sinagoga e più precisamente con la cantillazione e la salmodia.

Cantillazione e salmodia provenienti dalle scuole rabbiniche dei cantori (hazamin) sono il punto di continuità nel trapasso dalla tradizione ebraica a quella cristiana, gli studiosi vedono nei salmi eseguiti nella sinagoga dal solista con l’assemblea che risponde con un ritornello, il prototipo della salmodia responsoriale cristiana e nel salmo eseguito dal solista con l’assemblea che risponde con “Alleluia” il modello della salmodia alleluiatica.

Nei vangeli di Matteo e di Marco si parla dell’ultima cena di Gesù e si fa un riferimento diretto alla musica, “e dopo aver cantato l’inno uscirono verso il monte degli Ulivi” (Mt 26,30; Mc 14.26), e cioè i discepoli cantarono con Gesù il “grande Hallel” (sal 112-117) che faceva parte del rituale ebraico Pasquale.

Nelle sue lettere San Paolo apostolo invita le comunità cristiane di far risuonare “salmi, inni e cantici” e di cantare con tutto il cuore la grandezza dell’Onnipotente. Numerosi sono poi nel Nuovo Testamento i riferimenti a testi innici a Cristo (es Gv 1,1-18; Ef 1,4-14; Fil 2,6-11 Eb1,3; Tm 3,16 ecc..).

Possiamo quindi concludere, nonostante la mancanza di testi scritti (ad esclusione del papiro di Ossirinco del III sec.), che le comunità cristiane dei primi secoli “facevano musica” e che la musica fosse un elemento fondamentale della liturgia (leitourghía ovvero lavoro della comunità).

[modifica] Approfondimento teologico

Cristo in croce con Maria e Giovanni (Albrecht Altdorfer, 1515-1516)
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Cristo in croce con Maria e Giovanni (Albrecht Altdorfer, 1515-1516)

In Principo era il Verbo (Gv. 1) L’inizio del prologo di Giovanni è centrato proprio su quella parola, “verbo” (verbum) in greco (lingua in cui venne scritto il Vangelo) logos, li vi è la sintesi di tutta la profondità e la forza della relazione tra parola-suono-divinità.

La Parola era prima di ogni tempo, la parola è Dio, la parola incarnata ha portato l’umanità alla salvezza.

Un esempio indiretto, ma molto interessante, di correlazione tra Dio e il suono lo si trova sempre nel Vangelo di Giovanni nei versetti 19,28-30 in cui si parla della morte di Gesù. Giovanni dà alla morte di Gesù un significato particolare. Come è solito l’evangelista legge i fatti su di un duplice piano. Gesù muore, e “rende lo Spirito” ovvero esala l’ultimo respiro, ma in realtà con la sua morte dona lo Spirito Santo. “e chinato il capo, spirò”, il testo greco dice esattamente “parédoke tò pnéuma” che significa “diede lo spirito”. Non dimentichiamoci l’etimologia della parola neuma ovvero del segno/simbolo con cui venne trascritto il canto gregoriano. Neuma deriva da “pnéuma” ovvero da spirito, si voleva cosi indicare la forte valenza spirituale del suono musicale, la “nota” non aveva solo valenza indicativa, ma possedeva anche un grande valore simbolico in quanto il suono cantato proveniva dal profondo dell’animo umano e quindi era permeato di infinita sacralità.

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