Viola d'amore
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La viola d'amore è uno strumento musicale della famiglia dei cordofoni.
Controverse le spiegazioni sull'origine di questo nome: le più probabili, dopo che l'ipotesi di una corruzione dell'espressione "viola de'mori" si è dimostrata priva di fondamento, sono le due due tradizionali che si rifanno alla testa di amorino scolpita nella maggiorparte degli esemplari pervenutici opuure alla dolcezza del suono: quest'ultima appare più probabile se consideriamo l'esistenza di altri strumenti con l'attributo "d'amore", caratterizzati da una particolare morbidezza di suono che li distingue dallo strumento da cui derivano.
[modifica] Le parti della viola d'amore
La struttura è quella tradizionale dell'antica viola da braccio, con spalle spioventi e fasce relativamente alte. Lo strumento si caratterizza per la presenza oltre che delle sette corde melodiche che vengono sollecitate dall'archetto, di una serie di sette corde di risonanza che scorrono sotto quelle principali attraverso il ponticello, sotto la tastiera in un passaggio ricavato nello spessore del manico, e sono assicurate in basso a dei chiodini di avorio posizionati a fianco del bottone, in alto ad un ulteriore serie di piroli posti su un prolungamento del cavigliere.
[modifica] La storia
La viola d'amore che suonava Van Waefelghem, era di Venezia, 1720 e contava 7 corde di budello, di cui 3 filate d'argento e 7 corde simpatiche. La viola d'amore era conosciuta in Italia già prima del XVII secolo. Fu messa in voga in Inghilterra da Ariosti verso il 1716. Questo musicista scrisse per essa sei sonate stampate nel 1728. Il francese Milandre la suonava a Parigi verso il 1759. Alcuni musicisti cecoslovacchi esibirono le loro abilità su questo strumento nel corso del XVIII secolo. Meyerbeer immaginò, sotto il pretesto di dare all'opera un colore storico, di inserire un preludio e un accompagnamento per viola d'amore ne: Gli Ugonotti (1836), la cui azione però si svolge nel 1574, epoca nella quale questo strumento era sconosciuto. Lo strumento era suonato all'orchestra dell'Opéra da Charles Urhan che ne fissò l'accordatura oggi comunemente adoperata.
Questo strumento si può trovare al Museo Antonio Stradivari di Cremona.