Tartarughe sul dorso
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Tarturughe sul dorso | |
Paese: | Italia |
Anno: | 2004 |
Durata: | 92' |
Colore: | colore |
Audio: | sonoro |
Genere: | drammatico |
Regia: | Stefano Pasetto |
Soggetto: | Stefano Pasetto |
Sceneggiatura: | Stefano Pasetto, Marina Fabbri, Carmelo Marabello |
Produzione: | Rosanna Seregni |
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Fotografia: | Paolo Bravi |
Montaggio: | Alessio Doglione |
Musiche: | Banda Osiris |
Scenografia: | Carlo Rescigno |
Costumi: | Rosalia Guzzo |
Si invita a seguire lo schema del Progetto Film |
Tartarughe sul dorso è un film diretto dal regista Stefano Pasetto, presentato nella sezione Giornate degli Autori - Venice Days del Festival di Venezia 2004.
[modifica] Trama
Trieste è la città che vede muoversi “Lui” e “Lei” intorno ai trent’anni d’età.
Nel parlatorio di una prigione, ricostruiscono la loro storia di incontri mancati, tra una partita e l’altra di Scarabeo. Dalle parole incastrate sulla griglia del gioco si aprono capitoli di passato che li riguardano. Per tutta la vita si sono sfiorati inconsapevolmente. Tra loro solo una tartaruga, pegno d’amore adolescenziale.
Si ritroveranno in una sala operatoria: Lei come chirurgo, Lui come paziente.
Dalla successiva frequentazione vengono a galla oggetti, fotografie e frasi interrotte che li riportano ad un’infanzia comune. Ma quando Lei, dopo tante scelte pianificate, si volta e vede finalmente in Lui una scelta del cuore, Lui preferisce rifugiarsi nel sogno coltivato tutta una vita e la rifiuta.
Alla violenza subita da Lei da parte di un portuale, Lui reagisce con l’aggressività che lo contraddistingue. La partita di Scarabeo nel parlatorio è ora terminata. Lei richiude il gioco nella scatola e se ne va. Ad aspettarlo?
[modifica] Note di regia
Un amore senza nomi. Un Lui e una Lei come tanti altri custodi della fiamma perpetua. Una storia delle “prime immagini” che restano di qualcuno che ci attraversa la vita.
Tartarughe sul dorso è un racconto sull’ossessione della memoria, su ciò che mette radici e non si gratta più via, quando l’ideale infantile di una figura affettiva si scontra con gli uomini e le donne in carne e ossa.
Per quanto corazzata, la tartaruga sul dorso non ha speranza di farcela se qualcuno non passa di li al momento giusto a ribaltarle la prospettiva.
L’idea narrativa alla base del film era il tentativo di contraddire la struttura melò, lasciando aperture e sfasature nei cerchi interni degli eventi. Le parole sono non dette. Gli sguardi sono di sbieco. I gesti fuori tempo e fuori luogo.
La “prima immagine” che ho avuto del film è stata una nuca bionda di donna, che sentivo di conoscere, forse dall’infanzia, eppure senza poterne cogliere il volto, come certe interdizioni mitologiche. Una serie d’immagini si sono associate in seguito, immagini legate al vento gelido che sferza porti e capelli, ai colori intensi e vividi della pelle arrossata dal freddo, alle scogliere aggredite dal mare. Così ci siamo ritrovati a Trieste.
(Dichiarazione di Stefano Pasetto contenuta nella cartella stampa del film)