Rogo di Primavalle
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Con la locuzione "Rogo di Primavalle" si indica un tragico evento delittuoso, accaduto nel quartiere di Primavalle a Roma nel 1973, che causò la morte di due giovani di 8 e 22 anni, figli di un attivista di Destra.
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[modifica] Il fatto
Nella notte del 16 aprile 1973, alcuni aderenti all'organizzazione extraparlamentare di sinistra Potere Operaio, versarono del liquido infiammabile, (forse della benzina, forse del diserbante), sulla porta della casa del segretario della sezione di Primavalle del Movimento Sociale Italiano, Mario Mattei. Divampò un incendio che distrusse rapidamente l'intero appartamento. Mentre gli altri familiari riuscirono a porsi in salvo, due dei figli del Mattei, Virgilio di 22 anni e Stefano di 8 anni, morirono carbonizzati. Gli attentatori lasciarono sul selciato una rivendicazione della loro azione.
[modifica] Le indagini
Le indagini seguirono piste collegate all'extraparlamentarismo di sinistra, in particolare vennero indagati esponenti di movimenti collegati a Potere Operaio, che ribatté parlando di "montatura poliziesca".
Il 18 aprile 1973 fu arrestato Achille Lollo come presunto responsabile; avrebbe scontato 2 anni di carcere preventivo.
[modifica] I tentativi di depistaggio
Furono fatti numerosi tentativi di depistaggio.
[modifica] La condanna
In primo grado gli imputati furono assolti dalle accuse di incendio doloso e omicidio colposo per insufficienza di prove. In secondo grado, Achille Lollo, Marino Clavo, Manlio Grillo, furono condannati a 18 anni di carcere per omicidio preterintenzionale.
[modifica] La pena estinta
La pena è stata dichiarata estinta dalla Corte di Appello di Roma per intervenuta prescrizione, su istanza dell’avvocato Francesco Romeo, difensore di Marino Clavo.
Il Lollo, rilasciato in attesa di processo, riparò in un paese del Sud-America con il quale riteneva l'Italia non avesse trattati di estradizione, che invece vi erano, ma in realtà poté restarvi poiché per la legge brasiliana il reato era prescritto. Un altro imputato, Manlio Grillo, si rifugiò invece in Nicaragua grazie alla complicità, di cui aveva goduto anche il Lollo, di Oreste Scalzone. Il terzo imputato, Marino Clavo tuttora non risulta rintracciabile.
La vicenda è tornata alla ribalta poiché la Procura di Roma ha recentemente riaperto il caso avendo assunto nozione di nuovi dettagli (appresi da dichiarazioni degli imputati) che consentirebbero di richiedere la revisione del processo ipotizzandosi ora un reato di strage.
Ci sono state varie interviste:
[modifica] Intervista di Achille Lollo
Nella intervista nel 2005 per la prima volta ammette la sua colpevolezza e la colpevolezza degli altri due condannati assieme a lui. Tuttavia aggiunge molti particolari. Il maggior elemento di novità è l'affermazione che a partecipare all'attentato furono in sei, i tre condananti più altri tre di cui fa i nomi. Ammette aiuti dalla organizzazione per fuggire. Lollo tuttora vive in brasile dove si è dichiarato rifugiato politico (status non riconosciuto dalle autorità locali).
[modifica] Intervista di Manlio Grillo
Manlio Grillo per la prima volta ammette in una intervista i fatti, nella modalità indicata nella sentenza di condanna, senza modifiche. Ammette aiuti dalla organizzazione per fuggire. In una intervista rilasciata nell'ottobre del 2006, ammette che la cellula terrorista di cui faceva parte era legata alla Brigate Rosse.
[modifica] Intervista di Franco Piperno
In una intervista Franco Piperno, all'epoca dei fatti Segretario nazionale, conferma che il vertice di PotOp fu, dopo i fatti, informato di tutto.
[modifica] Intervista di Oreste Scalzone
Oreste Scalzone ha rilasciato sul caso una intervista a Radio Radicale. Egli dichiara che aiutò i colpevoli a fuggire.
[modifica] Dichiarazione di Valerio Morucci
In un suo libro ha descritto come il vertice di Potere Operaio ebbe conoscenza precisa del fatto. Si legge (in "Ritratto di un terrorista da giovane", di Morucci, 1999) di un presunto "interrogatorio" che il Morucci stesso (in seguito brigatista) avrebbe tenuto pistola alla mano onde "esortare" uno dei supposti colpevoli a farsi avanti ed ottenendo un'ammissione di responsabilità da parte di Marino Clavo.
[modifica] Nuove indagini
Paolo Gaeta, Diana Perrone e Elisabetta Lecco sono stati iscritti dalla procura di Roma nel registro degli indagati per strage. Tale reato non è prescritto.
Nel 2005 la famiglia Mattei ha sporto denuncia indicando quali mandanti dell'attentato Lanfranco Pace, Valerio Morucci e Franco Piperno. Fra le dichiarazioni che questi rilasciarono, emergono elementi fanno sembrare molto probabile che essi sapessero molto e che il depistaggio sia stato voluto.