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Menecmi - Wikipedia

Menecmi

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Menecmi (Menaechmi) è una commedia scritta dall'autore latino Plauto verso la metà del III secolo a.C.. Ispirerà successivamente commedie quali La commedia degli errori di Shakespeare o I gemelli veneziani di Goldoni.

Il nome deriva da quello dei due personaggi principali, nonché fratelli gemelli. Nativi di Siracusa il primo si smarrisce durante un viaggio a Taranto con il padre, che muore di dolore; così il nonno ribattezza l'altro gemello, il cui nome è Sosicle, con il nome del fratello scomparso: Menecmo.

Attorno all'omonimia e alla straordinaria somiglianza tra i due fratelli viene costruita da Plauto una tipica commedia degli equivoci, simile per genere all'Anfitrione e alle Bacchidi: la comparsa di Menecmo II, che non ha mai smesso di cercare il fratello, ad Epidamno, dove Menecmo I si è creato la sua nuova vita, scatena un susseguirsi di situazioni confusionali comiche per necessità.

Indice

[modifica] Personaggi

  • Menecmo I, personaggio gaudente e mondano, ha un rapporto sfacciato con la moglie della quale non vuole sentir ragioni, intanto continua a soddisfare le richieste dell'amante e quelle del suo parassita, ma sembra tenere entrambi sotto controllo.
  • Menecmo II (Sosicle), inizialmente stupito dalle situazioni in cui si viene a trovare, non si fa poi trovare impreparato: riesce a sfruttarle e a rigirarle a proprio favore, approfittando del fatto che lo scambiano per il fratello (pur non sapendolo).
  • Penicolo, parassita. Peniculus in latino, oltre a essere diminutivo di penis, è quell'accessorio simile ad un pennello, una scopetta, con il quale si puliva la tavola. È un caso di nome parlante: il parassita in questione era famoso per "spazzolarsii via" tutto ciò che veniva imbandito a tavola. Penicolo ha fisso in testa solamente i suoi pranzi, è molto suscettibile e si permette anche di allearsi con la moglie del suo protettore contro quest ultimo, sentendosi defraudato del cibo che gli spettava.
  • Erozia, meretrice. Amante senza scrupoli di Menecmo I, lo sfrutta abilmente rifiutandolo se non soddisfà i suoi desideri.
  • Messenione, servo di Menecmo II. Non ricopre il tipico ruolo di servo furbo, non è lui a risolvere la situazione e prende parte come gli altri agli equivoci scatenati dalla somiglianza dei due fratelli.
  • Matrona, la moglie di Menecmo I non viene mai nominata per nome. Ricopre spesso un ruolo attivo nella scena, come si addice alla consistenza della sua dote.
  • Vecchio, suocero di Menecmo I. Viene deriso per la sua vecchiaia e non brilla per intelligenza o capacità di iniziativa.
  • Medico, un altro medico fanfarone, che cerca di coprire con frasi magniloquenti la sua ignoranza.

Altri ruoli di contorno vengono occupati dal cuoco Cilindro, da una schiava di Erozia e da alcuni schiavi, chiamati dal vecchio per legare Menecmo I.

[modifica] L'opera

Alla versione tramandatici appartiene un prologo, recitato da un capocomico, che molti studiosi dubitano se attribuire a Plauto o meno. Questo soprattutto per varie incoerenze stilistiche e difetti metrici, inoltre la commedia si regge tranquillamente sui suoi cinque atti senza bisogno delle spiegazioni di questo prologo.

[modifica] I atto

Penicolo si gloria delle sue imprese a tavola. Menecmo I esce di casa rivolgendo male parole alla moglie, alla quale ha rubato una veste. I due uomini si incontrano e si vantano a vicenda delle loro imprese. Menecmo I bussa alla porta di casa di Erozia, alla quale regala la veste, e si fa invitare a pranzo insieme al suo parassita, con il quale poi si dirige al foro. Erozia comanda al cuoco Cilindro di fare la spesa.

[modifica] II atto

Appena sbarcati ad Epidamno, Menessione mette in guardia Menecmo II dei pericoli di questa città. Arrivati davanti casa di Erozia, Cilindro scambia Menecmo II per il fratello, quegli lo insulta e dichiara di non conoscere ne lui ne la sua padrona. Anche Erozia compare sulla scena, Menecmo II prima nega, poi afferma di essere Menecmo I e segue la donna dentro casa; Menessione viene mandato con gli altri servi a cercare una locanda.

[modifica] III atto

Penicolo compare infuriato: ha smarrito la compagnia di Menecmo I, e teme di aver perso il pranzo. Intanto esce da casa di Erozia Menecmo II promettendo alla meretrice di fargli impreziosire la veste, ma in realtà convinto di rubargliela. Penicolo accusa un ignaro Menecmo II di averlo gabbato, ed essersi sbafato il pranzo da solo, e promette di raccontare tutto alla matrona. Dalla casa di Erozia esce una schiava che consegna a Menecmo II dei gioielli, anche questi da far ritoccare.

[modifica] IV atto

La matrona si lamenta con Penicolo di suo marito, intanto proprio lui torna dal foro, dove era stato trattenuto da affari indesiderati. La matrona, spalleggiata dal parassita, accusa Menecmo I che promette di farsi restituire la veste. Menecmo I bussa alla porta di Erozia che crede che il suo amante voglia tenersi la veste e l'oro che lei gli ha affidato, e lo caccia.

[modifica] V atto

Sopraggiunge Menecmo II carico di veste e gioielli, lo accoglie sua cognata che crede li stia riportando a lei. Menecmo II la offende e lei fa chiamare suo padre. Davanti al vecchio e a sua figlia Menecmo II finge una scenata di pazzia per liberarsi di loro. Il vecchio va a chiamare il medico, quando i due tornano trovano Menecmo I, per somministrargli delle cure meditano di farlo legare da degli schiavi. Intanto arriva Messenione che crede il suo padrone venir arrestato in terra straniera, picchia gli altri schiavi e lo libera. Messenione chiede a Menecmo I di essere liberato dalla schiavitù, questi lo accontenta pur non avendone il potere ed entra in casa di Erozia. Messenione incontra questa volta Menecmo II adirato con lui per la sua scomparsa, la vicenda viene finalmente risolta quando Menecmo I esce da casa di Erozia ed i due fratelli si incontrano.

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