Letterato di corte
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La Francia dell'anno mille è spettatrice di un forzato passaggio del testimone tra la dinastia Carolingia e quella Capetingia. Dopo la morte di Carlo Magno, il più grande sovrano francese della dinastia Carolingia, i suoi successori non riuscirono a mantenere quell'unità politica da egli ottenuta e così, nel 987 d.C. Ugo Capeto diviene re di Francia. L'età di Carlo Magno fu culturalmente florida. Anche se egli era un analfabeta e veniva considerato più un uomo spartano che un dotto letterato, volle chiamare alla sua corte tutti i maggiori esponenti della cultura del tempo: Alcuino della Britannia, Teodulfo dei Visigotioti, Paolo Diacono della Lombardia, Angilberto ed Engiardo dei Franchi, ... ... ... Ed è proprio durante questo periodo di enormi scambi culturali che nascono i tre principale filoni epici-cavallereschi:
- ciclo carolingio: narra le avventure di Rolando nella guerra di Carlo Magno contro i mori, e ha dunque un fondamento storico. Episodio centrale delle opere di questo secondo gruppo è l'eroica morte del paladino Orlando, capo della retroguardia dell'esercito di Carlo Magno nella gola di Roncisvalle, nei Pirenei (storicamente, il fatto avvenne nel 778).
- ciclo bretone: racconta le imprese di re Artù, dei cavalieri della Tavola rotonda e le vicende di Tristano e Isotta: è il ciclo di Bretagna, basato su antiche leggende celtiche.
- ciclo classico: insieme di testi che rielabora alcune leggende classiche sopravvissute in forma romanzata attraverso compilazioni greco-bizantine. Protagonisti ne sono personaggi come Enea e Alessandro Magno, e a essere raccontate sono vicende come la guerra di Troia, anche se non mancano narrazioni di impianto mitologico.
In questo periodo la figura del letterato inizia a mutare sostanzialmente d'aspetto: esso non sarà più un diffusore di principi sani o pensieri filosofici, ma bensì un semplice scrittore di storie col fine d'intrattenere il pubblico cortese. Svilente sarebbe il chiamar loro “cantastorie” o “giullari”, ma alla fine i loro poemi avevano per la maggiore lo scopo di divertire, intrigare, sollecitare la continua attenzione dei nobili che si riunivano presso la corte per “essere sì deliziati da tal soave e bizzarre parole”. Ma lo scrittore impronta le gesta dei suoi “paladini” su questioni che inoltre pizzicano le corde del cuore, come ad esempio i poemi del ciclo bretone, dove si narra tenere e contrastate storie d'amore come quella di Tristano ed Isotta o Ginevra e Lancillotto.