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John Kenneth Galbraith - Wikipedia

John Kenneth Galbraith

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

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John Kenneth Galbraith
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John Kenneth Galbraith

John Kenneth Galbraith (nato il 15 ottobre 1908 a Iona Station, nell'Ontario (Canada) e morto a Boston il 29 aprile 2006), naturalizzato cittadino americano nel 1937.

[modifica] Cenni biografici

Insegnò nelle università di California, di Princeton, di Cambridge e di Harvard. Acquistò rinomanza mondiale come economista "liberal" e la sua notevole influenza sul pensiero economico del XX secolo, anche per il suo diretto impegno in politica, è oggi perpetrata dalla diffusione delle sue opere.

Galbraith era dichiaratamente un democratico, e sostenne fin da subito John Fitzgerald Kennedy e le sue aspirazioni presidenziali, ricoprendo anche alcuni incarichi pubblici sotto la sua amministrazione come sotto quella di Roosevelt.

I suoi principali incarichi politico-amministrativi sono stati:

  • durante la seconda guerra mondiale responsabile dei prezzi di tutti le merci degli Stati Uniti, ruolo che gli valse l'appellativo di "Zar dei prezzi"
  • Consigliere economico del candidato democratico alla presidenza Adlai Stevenson dal 1952 e 1956.
  • Consigliere economico dei presidenti democratici Franklin D. Roosevelt, John Kennedy e Bill Clinton
  • Ambasciatore in India durante la presidenza di John Kennedy dal 1961 al 1963.
  • presidente della American Economic Association

Contribuì a elaborare il programma di "Grande societa" del presidente Lyndon Johnson e scrisse il discorso presidenziale in cui quel programma venne illustrato. Successivamente ruppe con Johnson a causa della guerra in Vietnam,

Raggiunse la notorietà presso il grande pubblico negli anni 60, con un famosissimo libro, "The affluent society", che, secondo quanto ha scritto il New York Times, costrinse la nazione americana a riesaminare i suoi valori: nell'opera si sostiene che gli Stati Uniti erano diventati ricchi in merci di consumo, ma poveri nel campo dei servizi sociali. L'opera venne tradotta in italiano con titolo "la società opulenta", che non rende così bene il concetto come il titolo americano. Oggi, "affluente", è un termine comunemente usato anche in lingua italiana, specialmente in ambito finanziario, per indicare quei risparmiatori-investitori di rilevanti diponibilità patrimoniali.

[modifica] Opere

  • American Capitalism, Houghton Mifflin, Boston, 1952 (trad. it.: Il capitalismo americano, Ed. di Comunità, Milano, 1965)
  • The Great Crash, Houghton Mifflin, Boston, 1954 (trad. it.: Il grande crollo, Ed. di Comunità, Milano, 1962)
  • Economics and the Art of Controversy, Rutgers U.P., New Brunswick, 1955
  • The Affluent Society Houghton Mifflin, Boston, 1958 (trad. it.: La società opulenta, Ed. di Comunità, Milano, 1965)
  • The Liberal Hour, Houghton Mifflin, Boston, 1960 (trad. it.: I grandi problemi, Ed. di Comunità, Milano, 1960)
  • The Scotch, Houghton Mifflin, Boston, 1964 (trad. it.: Scozzesi in Canada, Ed. di Comunità, Milano, 1972)
  • The New Industrial State, Houghton Mifflin, Boston, 1967 (trad. it.: Il nuovo stato industriale, Einaudi, Torino, 1968)
  • Come uscire dal Vietnam, (trad.it.:Einaudi, 1968)
  • Ambassador’s Journal, Houghton Mifflin, Boston, 1969
  • A China Passage, Houghton Mifflin, Boston, 1973(trad.it.:Passaggio in Cina, Mondadori, 1973)
  • Economics and Public Purpose, Houghton Mifflin, Boston, 1973 (trad. it.: L'economia e l'interesse pubblico , Mondadori, 1974)
  • Money: Whence It Came. Where It Went, Houghton Mifflin, Boston, 1975 (trad. it.: La moneta: da dove viene e dove va, Mondadori, Milano, 1976)
  • The Age of Uncertainty, Houghton Mifflin, Boston, 1977 (L’età dell’incertezza, Euroclub, Milano, 1978)
  • Almost Everyone’s Guide to Economics, Houghton Mifflin, Boston, 1978
  • The Nature of Mass Poverty, Harvard U.P., Cambridge (MA), 1979 (trad.it.; La natura della povertà di massa, Mondadori, 1980)
  • A Life in Our Times, Houghton Mifflin, Boston, 1981 (trad. it.: Una vita del nostro tempo, Mondadori, 1982)
  • The Voice of the Poor, Harvard U.P., Cambridge (MA), 1983 (trad.it : ????????????)
  • The Anatomy of Power, Houghton Mifflin, Boston, 1983 (trad. it.: Anatomia del potere, Mondadori, 1984)
  • A View from the Stands, Houghton Mifflin, Boston, 1986
  • Economics in Perspective, Houghton Mifflin, Boston, 1987 (trad. it.: Storia dell’economia, Rizzoli, Milano, 1988)
  • A Short History of Financial Euphoria, Whittle Direct Book, 1990 (trad. it.: Breve storia dell'euforia finanziaria, Rizzoli, Milano, 1991)
  • (con S. MENSHIKOV) Capitalism, Communism and Coexistence, Houghton Mifflin, Boston, 1988 (trad. it.: Le nuove prospettive dell’economia mondiale, Rizzoli, Milano, 1989)
  • The Culture of Contentment, Houghton Mifflin, Boston, 1992 (trad. it.,: La cultura dell'appagamento, Rizzoli, 1993)
  • A Journey Through Economic Time, Houghton Mifflin, Boston, 1994
  • The Good Society, Houghton Mifflin, Boston, 1996
  • Letters to Kennedy, Harvard U.P., Cambridge (MA), 1998
  • Storia del pensiero economico, Rai Educational, 2000
  • Titolo inglese sconosciuto, (trad.it: Facce note, Rizzoli, 2000)
  • Titolo inglese sconosciuto, (trad. it.: L'economia della truffa, Rizzoli, 2004)

Ha scritto anche due romanzi:

  • The Triumph, Houghton Mifflin, Boston, 1968 (trad. it.: Il trionfo, Mondadori, Milano, 1968)
  • A Tenured Professor, Houghton Mifflin, Boston, 1990 (trad. it.: Il professore di Harvard, Rizzoli, Milano, 1990).

Si tratta una vastissima produzione, che ha toccato, in pratica, tutte le tematiche economiche, spingendosi spesso nel sociale e nel politico, sbocchi ed evoluzioni obbligate per un pensiero economico che non misuri tutto con la percentuale di incremento o declino del prodotto interno lordo, perché, come afferma proprio JKG, "...quando non potremo più respirare l'aria, bere l'acqua e mangiare del cibo non inquinato, non ci preoccuperemo forse più di quanto aumenterà quest'anno il prodotto interno lordo..."

[modifica] Breve analisi delle sue principali opere

[modifica] La società opulenta

In questo libro, che è quello che lo ha reso famoso a livello mondiale, JKG esprime la tesi secondo cui l'evoluzione della società e dell'economia va verso una direzione in cui ciò che contano sono soprattutto, se non soltanto, i livelli dei consumi che i consumatori, appunto, esprimono, tanto che, da quegli anni in poi, i cittadini non vengono quasi più considerati persone portatrici di idee e valori, ma solo "consumatori", esplicitando, in tal modo, il fatto che a livello sociale si conta solo in funzione del proprio livello di consumi.

Siamo alla fine degli anni '50 quando JKG pubblica negli Stati Uniti questa opera, per molti versi profetica, e tutt'ora attualissima, e il tono polemico e dichiaratemente negativo con cui illustra questa tendenza che vede affermarsi, gli vale le prime feroci critiche da parte dell'establishment politico ed economico americano, che è tutto proiettato, invece, alla massimizzazione degli indici quantitativi di crescita economica. Persino l'inquinamento veniva considerato uno dei "prezzi del progresso", quasi come se vivere in un mondo dove l'aria diventa irrespirabile e l'acqua non bevibile costituisse un passo per l'umanità.

L'idea che si potesse mettere in discussione il "progresso" economico, inteso come sviluppo industriale e misurato esclusivamente da indicatori quantitativi come la crescita del prodotto interno lordo, per motivi, ad esempio, ambientali (cosa del tutto pacifica e facente parte dell'attuale ortodossia), suonava come un'eresia, e venne bollata come qualcosa a metà fra il luddismo e la negazione della libera inziativa, con pericolose propaggini verso il bolscevismo. Ricordiamo anche che quelli erano gli anni dell'escalation della guerra fredda con l'Unione Sovietica, e negli Stati Uniti il senatore Joseph McCarthy portava avanti la "caccia alle streghe" comuniste, e chiunque deviasse dall'ortodossia politica ed economica veniva sospettato di potenziali simpatie comuniste.

[modifica] Il nuovo Stato Industriale

Sebbene "The affluent Society" sia il libro più famoso di Galbraith, a nostro avviso il più importante è stato, senza dubbio, "Il nuovo Stato Industriale". L'idea centrale di questo libro è piuttosto semplice, e sembra persino autoevidente, oggi, ma all'epoca non mancò di suscitare, tanto per cambiare per un libro di Galbraith, rumore ed accese polemiche. Uno degli articoli più critici fu scritto da Harold Demsetz, un famoso economista, ed ebbe per titolo "Where is The New Industrial State? " (ma dov'è il nuovo stato industriale?).

L'idea centrale, dicevamo è piuttosto semplice: Galbraith parte dalla considerazione che, mentre una volta lo scenario economico sembrava dominato dall'imprenditore, figura centrale del progresso e incarnazione stessa di quella "mano invisibile" di Adam Smith, al giorno d'oggi (Galbraith pubblica il libro nel 1968, che quindi ha avuto una gestazione negli ultimi anni '60), semplicemente, i processi aziendali sono diventati talmente complessi che è letteralmente impensabile che una sola persona sia in grado di detenere le conoscenze necessarie a guidare ed indirizzare l'intero processo produttivo, o meglio l'intero processo che va dall'intuizione di un nuovo prodotto/servizio che potrebbe interessare il "consumatore" all'avere pronto il prodotto/servizio presso il consumatore che lo può così acquistare, che è ben più complicato del solo processo produttivo.

Galbraith, alla fine di una serie di ragionamenti che altro non fanno che configurare la realtà effettuale delle varie "corporations"statunitensi, cioè delle grandi imprese, in genere multinazionali, che rappresentano il nerbo delle economie dei grandi paesi sviluppati, espone la tesi che il potere in queste grandi imprese, che dal punto di vista della "quantità" del potere gestito si possono assimilare tranquillamente a dei moderni imperi, è passato dall'imprenditore, figura mitica ed obsoleta, all'insieme delle persone i cui talenti, capacità, esperienza, competenze e ambizioni concorrono a prendere le decisioni fondamentali che orientano l'attività di questi colossi economici. Siccome ogni nuovo soggetto che rappresenta una nuova categoria sociale, culturale, filosofica o economica deve avere un nuome, Galbraith battezzò questo insieme "TECNOSTRUTTURA", sintetizzando, in questo nome, i due concetti di insieme di persone e delle loro comptenze "tecniche"; non tecniche in senso di tecnologiche, ma dei vari aspetti che intevengono nella vita aziendale, a cominciare dal marketing, dal commerciale, alla produzione, alla logistica, alla manutenzione, al customer care e così via.

Galbraith,, dimostrata a questo punto con dovizia di esempi presi dalle realtà da lui visitate e dai manager intervistati, si lancia in una serie di ragionamenti che, sintetizzati, dicono in sostanza le seguenti cose:

- il potere decisionale non è più nelle mani dell'imprenditore, che, salvo in pochi casi di resistenza della figura carismatica del fondatore, in quanto tale non esiste più; almeno non come lo si intendeva un tempo, quando l'imprenditore decideva senza chiedere niente a nessuno ed esercitava il potere totale nell'azienda. Se vogliamo avere un esempio recente, basta andarsi a leggere "La strada che porta al domani" di Bill Gates, il fondatore e attuale maggiore azionista della Microsoft, quando, parlando degli investimenti fatti dalla Microsoft nel campo di Internet, dice esplicitamente "...i nostri azionisti ce li lasciano fare...". Se neppure lui può decidere quello che vuole all'interno della propria azienda, è segno evidente che la figura dell'imprenditore padre padrone della più o meno grande "fabbrichètta" non esiste più.

- Ma allora, a chi è passato il potere ? Non certo ai consigli di amministrazione, soprattutto quando non sono composti dalla stessa alta dirigenza (che quindi alla fine dà direttive a se stessa) ma vengono composti perlopiù da persone estranee all'attività quotidiana dell'azienda ed ai suoi veri problemi ed opportunità. La risposta per Galbraith è chiarissima: chi detiene le informazioni? la Tecnostruttura. Dunque, chi detiene il potere è indubitabilmente la Tecnostruttura stessa!

- A questo punto occorre chiedersi, fa notare Galbraith, a chi risponda la Tecnostruttura. Non certo agli azionisti, che dovrebbero essere i suoi padroni, ma che, essendo centina di migliaia di piccoli azionisti, non hanno di fatto rappresentanza, essendo i consigli di amministrazione dei vecchi orpelli che rimasti a coprire, come una foglia di fico, la realtà. La quale, a chi la guarda con occhi disincantati, è del tutto evidente. Per cui, di fatto, continua Galbraith, la Tecnostruttura è autoreferenziale, e non risponde di fatto a nessuno, se non a se stessa.

(...continua...)

E' difficile, oggi, col nuovo mito del manager della grande impresa che "conosce la via", obiettare a questa visione della realtà economica, nel suo settore ancora più importante, quello industriale.

[modifica] Riferimenti bibliografici

  • Demsetz H., "Where Is the New Industrial State?" 12 Economic Inquiry, March 1974.


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