Figlio naturale
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Il figlio naturale si distingue dal figlio legittimo, poiché il primo è procreato da genitori non uniti nel vincolo del matrimonio, mentre il secondo è generato da persone che si siano sposate.
Nella versione originale del Codice Civile, il figlio naturale era identificato come figlio illegittimo, ma, a seguito della riforma del diritto di famiglia, tal definizione è stata abbandonata.
Qualora uno od entrambi i genitori del figlio naturale siano uniti in matrimonio con altri, il figlio si dice adulterino.
Infine, qualora i genitori siano legati da rapporto di parentela, anche soltanto naturale, od in linea retta od in linea collaterale, ovvero un rapporto di affinità, il figlio si definisce incestuoso.
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[modifica] Il riconoscimento del figlio naturale
Il riconoscimento d'un figlio naturale è un atto solenne, mediante il quale uno od entrambi i genitori mutano il fatto della procreazione, che di per sé sarebbe inidoneo a far sorgere un rapporto giuridico, in uno status di filiazione, che è riconosciuto dal diritto.
In origine, il riconoscimento era permesso solo quando il figlio naturale non fosse né adulterino, né incestuoso; a seguito della riforma del 1975, però, tale norma è stata modificata: oggidì, il solo divieto di riconoscimento incombe sui genitori del figlio incestuoso che fossero in malafede al momento del concepimento; in tale ipotesi, però, è stata introdotta un'autorizzazione giudiziale al riconoscimento, ex art. 251, comma secondo, Cod. Civ.
Inoltre, non si dà possibilità di riconoscimento, quando il figlio naturale d'una persona risulti già figlio legittima d'un'altra, ex art. 253 Cod. Civ.; soltanto qualora detto status sia stato eliminato, mediante disconoscimento della paternità od un'azione di contestazione di legittimità, si può, poi, dare il riconoscimento in qualità di figlio naturale.
[modifica] Forma del riconoscimento
Conformemente all'articolo 254 Cod. Civ., il riconoscimento deve essere effettuato, ad substantiam, con una delle forme indicate esplicitamente dalla fonte: nell'atto di nascita; con una apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile; in un atto pubblico; od in un testamento, qualunque ne sia la forma (in tal caso, a norma dell'articolo 256 Cod. Civ., il riconoscimento opera a decorrere dalla morte del de cujus). La stessa domanda di legittimazione di un figlio naturale presentata al giudice o la dichiarazione della volontà di legittimarlo espressa dal genitore in un atto pubblico o in un testamento importano il riconoscimento, anche se la legittimazione non abbia luogo.
È interessante aggiungere che, a norma dell'articolo 256 Cod. Civ., il riconoscimento è irrevocabile ed ha valore pure se inserito in un testamento, che sia stato revocato.
A norma dell'articolo 257 Cod. Civ., poi, il riconoscimento è definito come actus legitimus, vale a dire che sono nulle tutte le clausole dirette a limitarne gli effetti.
[modifica] Capacità ed effetti del riconoscimento
A norma dell'articolo 250 Cod. Civ., il figlio naturale può essere riconosciuto, secondo le forme indicate nel capoverso precedente, dal padre e/o dalla madre, a patto che abbiano compiuto i sedici anni d'età.
Qualora s'intenda procedere al riconoscimento d'un figlio che abbia raggiunto gli anni sedici d'età, poi, è necessario, affinché esso produca i suoi effetti, che lo stesso dia il suo assenso; nel caso di figlio minore degli anni sedici, poi, il riconoscimento non esplica i suoi effetti, se non v'è il consenso dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento. Questo non può essere rifiutato, quando il riconoscimento sia nell’interesse del figlio. In ogni caso, in caso di opposizione al rifiuto, decide il Tribunale, con sentenza che può tenere luogo del consenso mancante; la Corte decide sentito il minore in contradittorio col genitore si oppone e con l'intervento del Pubblico Ministero.
A norma dell'articolo 258 Cod. Civ., il riconoscimento può essere effettuato sia da uno solo sia da entrambi i genitori; qualora sia effettuato da uno solamente, l'atto in cui esso si esplica non può contenere alcuna indicazione intorno all'identità dell'altro genitore, sotto pena di cancellazione di dette indicazioni e di sanzione amministrativa per l'ufficiale dello stato civile che abbia codeste indicazioni.
Ovviamente, nel caso di riconoscimento da parte d'un solo genitore, esso opera soltanto nei confronti di codesto.
[modifica] Diritti e doveri
In ottemperanza all'articolo 30, comma terzo, della Costituzione, che stabilisce che la legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale compatibile, compatibile coi diritti dei membri della famiglia legittima, l'articolo 261 Cod. Civ. prevede che, con il riconoscimento, i genitori assumano nei confronti del figlio naturale tutti i doveri che essi hanno inverso i figli legittimi. Ciò importa che trovino applicazione gli articoli 147, 148, 317 bis e 324 del Codice Civile.
[modifica] Articoli 147 e 148 Cod. Civ.
L'articolo 147 impone al genitore od ai genitori l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole, tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. Il successivo articolo 148 stabilisce le modalità con cui dare applicazione al precedente obbligo: nel caso di riconoscimento operato da entrambi i genitori, essi sono tenuti ad adempire l'obbligazione, di cui all'art. 147, in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la capacità di lavoro professionale o casalingo; qualora i genitori non abbiano i mezzi sufficienti, incombe sugli altri ascendenti, in ordine di prossimità, l'obbligo di fornire i mezzi necessari all'adempimento dell'obbligo in parola. In caso d'inadempimento, l'articolo prevede anche un apposito processo che sfocia in un Decreto.
[modifica] Articolo 317bis Cod. Civ.
L'articolo 317bis regola, invece, l'esercizio della potestà, stabilendo che il genitore che abbia esercitato il riconoscimento ha diritto all'esercizio della stessa; quando il riconoscimento sia stato esperito da entrambi, essa spetta congiuntamente ad entrambi i genitori, se conviventi; se non conviventi, spetta al genitore che vive col figlio; in tutti gli altri casi, spetta al primo che abbia fatto il riconoscimento. Al Tribunale, però, compete la possibilità di nominare un tutore, nell'esclusivo interesse del figlio. Al genitore che non esercita la potestà compete, però, il potere di vigilare sull'istruzione, sull'educazione e sulle condizioni di vita del figlio minore.
[modifica] Articolo 324 Cod. Civ.
Infine, l'articolo 324 Cod. Civ. allarga anche ai genitori naturali esercenti la potestà il diritto all'usufrutto legale sui beni dei figli; i frutti, però, sono destinati al mantenimento della famiglia e all’istruzione ed educazione dei figli.
[modifica] Le impugnazioni
Il Legislatore prevede tre tipi d'impugnazione del riconoscimento, previsti dagli artt. 263, 265 e 266 Cod. Civ; nello specifico, si tratta di: impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, impugnazione per violenza ed impugnazione del riconoscimento per effetto d'interdizione legale.
[modifica] L'impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità
L'impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità ex art. 263 Cod. Civ., può essere proposta dall’autore del riconoscimento, oppure da colui che è stato riconosciuto, ovvero da chiunque vi abbia interesse. Essa è ammessa anche dopo la legittimazione ed è imprescrittibile; con essa, il proponente mira a far rilevare che il riconosciuto non è stato, in realtà, procreato dalla persona che, invece, ha dichiarato solennemente d'essere genitrice.
L'impugnazione da parte del riconosciuto, ex art. 264 Cod. Civ., non può essere proposta durante la minore età o durante lo stato d'interdizione per infermità di mente; compete, tuttavia, al Giudice, la nomina d'un curatore speciale, per l'esercizio dell'azione.
[modifica] L'impugnazione per violenza
L'articolo 265, poi, autorizza il genitore che abbia effettuato il riconoscimento in istato di soggezione causata da vis compulsiva; l'azione si prescrive in un anno dal giorno della cessazione della violenza ovvero in un anno dal conseguimento della maggiore età, se il genitore era minore.
[modifica] L'impugnazione per effetto d'interdizione legale
Infine, l'articolo 266 permette d'impugnare il riconoscimento effettuato dall'incapace, la cui incapacità derivi da interdizione giudiziale; legittimato attivo in questo caso è il rappresentante dell'interdetto, ovvero l'autore del riconoscimento stesso, se v'è stata revoca dell'interdizione. In quest'ultimo caso, l'azione si prescrive in un anno dalla revoca.
[modifica] Accoglimento dell'azione
È importante notare che, affinché l'azione prevista dall'articolo 263 sia accolta, è necessario provare che il riconoscimento fosse mendace e, quindi, non sussiste rapporto di filiazione, mentre nel caso delle azioni previste dagli articoli 265 e 266, la richiesta è accolta anche qualora il riconoscimento fosse veritiero, perché il soggetto non è stato libero di scegliere se riconoscere o meno il figlio o perché il soggetto non era in grado di valutare le conseguenze del suo gesto.
Non rilevano in questa sede gli altri due casi di vizio del consenso, vale a dire l'errore ed il dolo.
[modifica] Trasmissibilità dell'azione e provvedimenti in pendenza di giudizio
Gli articoli 267 e 268 Cod. Civ., infine, si occupano di regolare la trasmissibilità dell'azione (prevedendo che, nei casi di cui agli articolo 265 e 266, gli ascendenti, i discendenti e gli eredi possono esperire le medesime azioni, entro il termine ivi previsto) e dei provveimenti in pendenza di giudizio.
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