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Duomo di Casale Monferrato - Wikipedia

Duomo di Casale Monferrato

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Indice

[modifica] La Facciata

Il Duomo è il più antico e importante monumento di Casale Monferrato.

La prospettiva bloccata, chiusa ai lati dalle facciate che delimitano il tratto finale di via del Duomo, costituiva lo spazio ideale adatto a raccogliere il pellegrino, con un senso di sorpresa e di sollievo sul piccolo sagrato del tempio.

La facciata è a capanna, asimmetrica e incorniciata da due campanili laterali. Ai lati del portone d’ingresso principale vi sono due colonne su cui sono collocate le copie ottocentesche di due statue raffiguranti rispettivamente il re longobardo Liutprando e la regina Teodolinda, omaggio della comunità ai fondatori della chiesa.

La lunetta ottocentesca situata sulla porta centrale raffigura Gesù in trono tra Sant’Evasio, che offre al Cristo il modello della chiesa, e San Lorenzo con la graticola, patroni della Cattedrale.

Lì, di fronte alla chiesa, gli abitanti del Borgo di Sant’Evasio potevano rafforzare la fede religiosa e la loro coscienza civica.

Poi con la costruzione dell’atrio, la facciata, per ragioni ancora non del tutto note, iniziò a manifestare i primi segni di un' improvvisa debolezza che rese necessaria l’azione di rimedi deturpanti, con l’addossamento da due case dei canonici, che fungevano da sovrastrutture di rinforzo.

Dopo questo lungo oscuramento, la facciata, restituita dagli interventi di restauro nell’ottocento, è quella originaria scandita dal ritmo crescente delle arcate e delimitata dai due svettanti campanili, che oggi, liberi, costringono ancora ad alzare gli occhi verso il cielo.

[modifica] Il nartece

L’imponente atrio o nartece, esempio unico di architettura romanica caratterizzata da arditi incroci di archi in conci di arenaria e mattoni in argilla che si intrecciano a coppie parallele, costituiscono una complessa articolazione dello spazio.

Sorto sull’area dell’antico cimitero antistante la chiesa, l’atrio presentava fin dalla costruzione una sua configurazione particolare caratterizzata da accessi frontali e laterali sempre aperti al passaggio pubblico.

Due gallerie a forma di matronei, indipendenti e accessibili dall’interno dei campanili tramite scale a chiocciola, si distendono sui lati esterni dell’atrio. Collegate dalla tribuna, chiuse da soggette con archi a tutto sesto e illuminate da grandi finestre, esse conferivano al luogo un ruolo quasi esclusivamente sociale, assai importante nell’attività politica del borgo in fase di pieno sviluppo.

Di particolare interesse gli elementi decorativi nascosti dagli intonaci (ritornati alla luce dopo il complesso lavoro di recupero biennale concluso nel 2001), che dagli studi presentano alcuni parallelismi con il Portale della Gloria di Santiago di Compostela, come il fregio della cerva e il rosone della primitiva facciata.

Si sono individuate anche colonne romane nella galleria verso la piazza. In luce anche un affresco di alta epoca.

Questo inconsueto ed enigmatico ambiente riflette una identità più sociale che religiosa. Esso infatti è troppo grande per essere solo porticato di protezione e alquanto separato per appartenere interamente alla chiesa, considerato nella sua configurazione architettonica e nel suo schema distributivo caratterizzato da un piano terreno aperto da portici (che circoscrivevano una grande aula in grado di accogliere importanti adunanze pubbliche) oppure luogo di accoglienza dei pellegrini (come attestano i bacini ceramici in facciata), da un piano superiore con logge adatte più per arringhe che per assolvere funzioni di matronei e, in facciata, da un campanile diverso da quello della chiesa, con campana riservata al comune.

Destinazione a cui l’atto progettuale era improntato fin dalla nascita, situazione particolare, ma non sorprendente ed estranea alle condizioni in cui si trovava il Borgo di sant’Evasio, estremamente addensato e povero di spazi urbani.

Motivo per cui la chiesa di Sant’Evasio assurge da quel momento a simbolo politico di tutta la comunità.

[modifica] L’interno dell’edificio

Scendendo i gradini che conducono alle navate è evidente la differenza tra il nartece ed il resto dell’edificio, completamento ricoperto dal restauro avvenuto tra il 1857 e il 1861 ad opera dell’architetto vercellese Edoardo Arborio Mella.

Lo spazio è suddiviso in cinque navate.

Ai muri perimetrali della chiesa sono addossati gli Altari laterali, che hanno subito, nel tempo, numerose modifiche.

Il Presbiterio presenta nella volta e nel catino absidale i dipinti murali eseguiti da Costantino Sereno nel 1860-61 in stile neobizantino.

L’altare maggiore, in marmi policromi e il coro, con stalli in legno intagliato, risalgono alla prima metà del XVIII secolo.

La tribuna dell’organo, il pulpito, la balaustra e la vetrata con i Santi Evasio e Lorenzo sono del XIX secolo.

La mensa, arenaria, era in passato collocata nell’atrio. Vi sono raffigurati Cristo in mandorla con sei santi e due devoti in ginocchio. Non si conosce l’uso originario del manufatto, è pensabile che risalga al XII secolo.

Allo stesso secolo è databile anche l’ambone con l’Agnus Dei ricavato da un frammento proveniente dalla facciata del duomo.

La cattedra episcopale in pietra di Vicenza è opera del 1978 degli architetti Costantino Ruggeri e Luigi Leoni.

A sinistra del presbiterio è collocata la Cappella del Santissimo Sacramento.


[modifica] Il tiburio

Non presente sul transetto della primitiva chiesa, il tiburio venne innalzato dopo il 1215 per dare forma, insieme ai due campanili di facciata, ad una singolare trilogia compositiva.

Colpito il 15 giugno 1544 dal fulmine, che ne abbattè la parte superiore, fu ridotto nei primi decenni del seicento fino all’altezza attuale.


[modifica] La cappella di Sant’Evasio

Affacciata sulla navata sinistra, è stata eretta nella seconda metà del Settecento, su disegni di Benedetto Alfieri, modificati da Luigi Michele Barberis. All’interno si conservano gli ovali in marmo con episodi della vita di S. Evasio di Giovanni Battista Berbero, l’urna in argento e cristallo contenente le reliquie del santo patrono. L’affresco della volta, con S. Evasio in gloria, è di Giovanni Battista Ronchelli.


[modifica] Cella Campanaria e Sacrestia

Dalla cappella di Sant’Evasio inizia il percorso della “Sacrestia Aperta”. Nella cella campanaria, ex sacrestia del duomo, sono esposte opere di oreficerie e manufatti tessili di notevole pregio.

Il percorso conduce poi alla Sacrestia, ampliata con l’aggiunta dell’abside nel 1788 circa dal capomastro Bernardo Lombardi sulla precedente del XVII secolo. Coevo è l’altare decorato con le statue e i rilievi marmorei provenienti dal cinquecentesco altare di S. Evasio. Il coro ligneo, datato 1787, è attribuito a Francesco Valeriano Dellala di Beinasc, e agli stessi anni risale il resto dell’arredo. Lungo le pareti è ospitata una piccola pinacoteca, tra cui spiccano Il battesimo di Gesù di Gaudenzio Ferrari (1534 c.) e S. Evasio di Pietro Francesco Guala (XVII sec.)

L’ultimo di una serie di restauri in vista delle celebrazioni del nono centenario quello della sacrestia presentato per la festa di Sant’Evasio (12 novembre 2006), lavoro condotto da Francesca Regoli di Gavi e Giovanni Bonari di Villanova, che ha riportato all’antico splendore di un tempo. In luce le formelle dell’altare cinquecentesco del Bambaja, le antiche decorazioni, le finte finestre, due angioletti.

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