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Cavalleria medievale - Wikipedia

Cavalleria medievale

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La tecnica bellica si è evoluta lungo i secoli assieme all'evoluzione dell'economia e della società e con l'affacciarsi sullo scenario storico europeo di popolazioni con nuovi usi e nuovi modi di guerreggiare che influiranno sulla formazione della cavalleria medievale.

È una evoluzione lenta ma costante, qualche volta tumultuosa in coincidenza con l'arrivo di nuovi attori sui campi di battaglia, ma sempre coerente con i cambiamenti del contesto socioeconomico che ne è il supporto. La crisi che colpisce i liberi coltivatori romani del periodo repubblicano ha inferto un duro colpo alla potenza della fanteria legionaria, ben più grave ed irrimediabile dei colpi subiti dalla stessa ad opera dei cavalieri Parti e Sarmati.

Quella potenza legionaria che aveva conquistato un Impero inizia a decadere con l'inizio della decadenza di quell'archetipo dell'uomo romano che ne era stato la base e la forza.

Indice

[modifica] I Barbari

Impero unno
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Impero unno

Popolazioni nuove, ora si direbbe giovani, premono sull'Impero: alcune sono formate da provetti cavalieri che passano la maggior parte della propria vita letteralmente e materialmente sul cavallo, come gli Unni, gli Alani ed, in genere, i popoli della steppa. Questi popoli, che basano la propria forza militare su una cavalleria organizzata, non riescono, tuttavia, ad innervarsi in quella società europea che per loro è solo occasione di scorrerie, rapine e bottino. Altre popolazioni, invece, fanno proprio quell'Impero tante volte combattuto e subìto. Sono i Franchi, i Sassoni, i Frisoni, i Longobardi, i Juti che si imporranno, ricreando, o contribuendo a ricreare, quel nuovo Impero che il Papato cercherà di rendere unito come comunità cristiana e di subordinare a sé stessa.

Queste nuove genti germaniche e nordiche, che in effetti non possiedono una cavalleria nel senso militare del termine, combattono a piedi anche se il cavallo è il loro mezzo di locomozione. Il cavallo è considerato più un segno di distinzione di cui godono e si fregiano i capi che non un mezzo bellico, e ciò sia per il suo costo, particolarmente elevato, sia per la simbologia sacrale che gli è connessa. Il cavallo accampagna il guerriero nella sepoltura per l'ultimo vaggio secondo una tradizione che risale alle saghe germaniche conferendo così al cavaliere quell'alone di mito che lo accompagnerà nelle epoche in cui la funzione della cavalleria sarà venuta meno e che le chansons epiche procureranno di perpetuare.

[modifica] Il Cavaliere

Un cavaliere non si improvvisava, veniva addestrato fin dalla fanciullezza e, quindi, armato con un equipaggiamento il cui costo poteva superare quello di 20 buoi, in pratica una piccola proprietà.
È fatale, così, che si sviluppi nella società una divisione netta o meglio una frattura incolmabile fra il cavaliere consapevole del proprio costo e della propria funzione e

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«la massa dei rustici che si vedevano sospinti insieme con la gente dei campi di origine servile verso un ruolo indifferenziato di produttori di mezzi di sostentamento.»
(Cardini F. - Il Guerriero e il Cavaliere.)

Ê una società basata sul rapporto fra ceti elevati che ignora tutto il resto.

Si forma spontaneamente un gruppo elitario e separato autorefente che si autocelebra anche attraverso il racconto delle proprie gesta, sempre eccezionali, ed anche attraverso quella che sarà una vera e propria liturgia dell'iniziazione e dell'accettazione o cooptazione in un circolo sempre più chiuso. La letteratura epica si incaricherà di idealizzarne e celebrarne gli aspetti eroici, il più delle volte usurpati. Sorge così anche l'esigenza di distinguersi e di rendersi riconoscibili sia in battaglia che nei tornei, e quindi l'uso di colori e di emblemi posti sullo scudo del cavaliere, che daranno origine all'Araldica, o scienza del Blasone.

Lentamente si consolida quella che è una fraternitas, la cavalleria medievale, con regole sempre più rigorose che subiranno, tuttavia, continue eccezioni. La separazione dal mondo dei rustici aumenta sempre di più ed il solco iniziale diventa una voragine. Da una parte pochi eletti, dall'altra la massa disprezzata e sfortunata degli inermi o pauperes che avranno una sola possibilità di riscatto: mettere la propia vita in gioco nei campi di battaglia al servizio di qualche Senior.

[modifica] Il mito

Il sigillo dei Cavalieri templari
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Il sigillo dei Cavalieri templari

È un mito quello che il cavaliere medievale coltiva esaltandolo in quelle fraternitas che daranno luogo ad una vera e propria classe sociomilitare particolarmente rigida ed impermeabile alla cui base c'è lo spirito di gruppo e di corpo.

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«Questo è forse il senso più riposto ma anche più evidente dell'immagine raffigurata nel controsigillo dell'Ordine Templare, che mostra due cavalieri su un solo cavallo.»
(Cardini F. - Il Guerriero e il Cavaliere)

La storia concorrerà notevolmente all'affermazione di questa nuova classe di soldati, separandola sempre di più dal resto della società, gli inermes, che vengono subordinati e sottoposti a quei bellatores equestri che costituiscono la base del potere.

[modifica] Le opportunità

Certo il servizio militare, oltre ai rischi, offre notevoli vantaggi a quei soggetti che, per capacità o fortuna, ne sanno approfittare. Le opportunità di arricchimento a seguito delle azioni belliche sono grandi sia attraverso i bottini rapinati sia attraverso il riscatto dei prigionieri, specie se di alto lignaggio. Ciò costituisce un valido compenso per il rischio di perdere la vita, rischio sempre presente e sempre messo in conto.

Il miraggio è quello di passare dal servizio presso altri alla formazione di una propria casata, ad acquisire una propria signoria o a conquistare un proprio regno. È quello che sanno fare i Normanni, vere e proprie bande di avventurieri al servizio di signori in guerra tra loro, signori che prima aiutano e che poi ad essi si sostituiscono approfittando della favorevole situazione politico-militare di quel residuo morente contesto bizantino.

[modifica] I Normanni

Le rotte dei Normanni
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Le rotte dei Normanni

I Normanni riescono, senza grande difficoltà, non solo a sostituirsi ai loro, per così dire, datori di lavoro ma a fondare, oltre che un regno, una dinastia dai cui lombi discenderà una progenie che assurgerà alla dignità imperiale. L'avventura dei cavalieri normanni prima nel meridione dell'Italia continentale e successivamente in Sicilia è fantastica ed affascinante. È impressionante vedere come un manipolo di uomini decisi, ma sostanzialmente dei briganti quasi emigranti ante litteram, costretti a lasciare le loro terre di origine, la Normandia sulle coste nordoccidentali della Francia, riescano ad inserirsi nelle lotte intestine di quel che resta del Ducato di Benevento e del morente Impero Bizantino nell'Italia meridionale e prendere il sopravvento. Vi è anche il fortunato gioco di circostanze favorevoli che, sapientemente sfruttate, contribuiscono alla loro affermazione politico-militare. I Normanni, che stanno per impadronirsi dell'intero Meridione d'Italia, ottengono il riconoscimento del loro potere e delle loro conquiste dal Papa Nicolò II prima di lanciarsi alla conquista della Sicilia: questo riconoscimento papale legittimò quello che era un puro atto di violenza [1]

[modifica] Il nuovo che avanza

Si sviluppano nuove tecniche militari sotto la spinta delle milizie di fanti che, inquadrate dal Comune, non sono più quella massa incoerente di contadini armati di forcone contro cui la carica della cavalleria aveva avuto sempre successo. Le milizie cittadine si propongono come strutture sempre meglio organizzate e coese, dotate d'addestramento acquisito nelle gare cittadine, gare che avevano sviluppato non solo lo spirito d'emulazione ma, cosa ben più importante, lo spirito civico rendendo i cittadini combattenti consapevoli, decisi e, quindi, temibili. Questi uomini che, normalmente, svolgono nella vita quotidiana altri compiti, che non le arti marziali, esprimono, nel momento del combattimento, sotto il gonfalone civico, tutta la loro determinazione bellica, frutto del rancore contro l'aristocrazia militare: essi trascurano quell'aspetto ludico che è stato una caratteristica del combattimento dei cavalieri. Questi cittadini nel combattimento sono micidiali, le loro picche e le loro quadrelle non lasciano scampo.

[modifica] Nuove armi

Il torneo
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Il torneo

Le nuove armi vincenti sono le picche, l'arco e la balestra, che, in un'unione simbiotica dietro il pavese, un grande scudo, costituiscono per i cavalieri un ostacolo, o, per meglio dire, un muro insuperabile, quasi sempre letale. Il cavallo che è stato un'arma vincente si trasforma in un gravissimo punto di debolezza ed impedimento. In questo nuovo modo di combattere il cavallo soccombe sotto i colpi di coltello del fante che strisciando per terra lo sventra, in un'azione inconcepibile per il cavaliere e per il suo codice deontologico: al cavaliere rinchiuso nella sua pesante corazza d'acciaio non rimane che fuggire o, disarcionato e circondato, morire come un povero crostaceo [2] sotto i colpi della plebaglia a piedi. Queste nuove battaglie si concludono in un'orgia di sangue, in un tripudio di vendette e di rivalse da parte dei rustici contro un mondo, quello feudale, che ormai volge alla fine. Un mondo impregnato di valori, forse mai realmente esistiti ma sicuramente idealizzati e vagheggiati, che sopravviverà solo nelle chansons. I cavalieri, superstiti di questo mondo, andranno lietamente a farsi scannare da rozzi bottegai e cupi artigiani che combattono solo per affermare, in un duello da loro vissuto come mortale, la loro esistenza civile, la loro capacità economica e la necessità di continuare a sviluppare liberamente quelle attività economico-commerciali dal cui successo derivano rilevanza sociale e forza politica.

[modifica] Le Gentes novae

Per queste gentes novae la guerra non è un gioco, una festa in cui mettere in mostra le proprie virtù cavalleresche magari per gloriarsene agli occhi di una dama o nel caso fortunato per appropriarsi di un bottino e di un ricco riscatto, bensì un mortale e costoso incidente che mette a rischio le conquista economiche acquisite, oltre che la loro stessa sopravvivenza. Laddove il cavaliere vede nel cavaliere nemico un confratello in campo opposto, il mercante che combatte vede nel cavaliere solo un soggetto che interrompe la sua attività facendogli perdere denaro e rischiare la vita e perciò lo deve eliminare, cioè uccidere.

Il mercante che combatte lo fa per uccidere, libero da qualsiasi deontologia militare e sotto lo stimolo dell'urgenza di tornare presto ai propri affari sospesi. Tutto ciò è vissuto come scandaloso dai cavalieri, ma tant'è. Guai al cavaliere che incontra sul campo di battaglia qualche macellaio armato che, pratico nello squartare l'oggetto della propria attività lavorativa, non ha remora alcuna a fare altrettanto prima col cavallo e poi con il cavaliere.

[modifica] Il tramonto della cavalleria

Armatura per cavaliere e cavallo

Il momento magico dei cavalieri medioevali è stata l'avventura delle Crociate, specie la prima, trascorso il quale inizia la loro crisi lentamente per continuare, poi, sempre più rapidamente e che culminerà nella battaglia degli Speroni d'Oro a Courtrai, 1302. In questa battaglia, simbolicamente ritenuta la fine dei Cavalieri Medioevali, come funzione militare definitiva, le truppe formate da mercanti ed artigiani delle Fiandre massacrarono i cavalieri francesi facendo mucchi dei loro speroni dorati.

È il tramonto della cavalleria come arma anche se le sopravvive, sempre più mitizzata, quell'etica che era stata alla base della fraternitas, cui una stessa mentalità ed aspirazione di vita ha legato i cavalieri.

Questa specie di internazionale cavalleresca [3], che si è costituita tra l'XI ed il XIII secolo, perde davanti alle nuove fanterie comunali la propria funzione militare lasciando, tuttavia, un'eredità di valori e di miti che dureranno nei secoli successivi. È lo spirito cavalleresco con la sua carica di leggenda che sopravvive rappresentando valori che i posteri hanno esaltato, per non dire creato.

[modifica] Gli Ordini cavallereschi

Questo spirito sopravvive anche grazie agli ordini cavallereschi che ebbero una funzione reale fintanto che svolsero un'attività politico-militare, e cioè fino al '200, ma che successivamente o scomparvero come i Templari ad opera di Filippo IV di Francia o si trasformarono in istituzioni di aristocratici con vacue velleità politiche, sostanzialmente vetrine di vanità e orgogli ostentati in cui l'elemento ludico primeggia.

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«Così la stanca aristocrazia deride il proprio ideale. Dopo avere abbellito, colorato e reso in forma plastica con tutti i mezzi della fantasia, del talento, e della ricchezza il suo sogno appassionato di una vita bella, essa considerò che in fondo la vita non era affatto bella, e rise.»
(Huizinga - L'autunno del medioevo)

Qualcuno di questi ordini è sopravvissuto alla Storia ma è giusto là a fare bella mostra di sé, paludato di mantelli fascinosi e di nomi altisonanti, in costante attesa di un qualche evento, più mondano che storico, che dia l'occasione per sfilare, possibilmente sotto l'occhio vigile di una telecamera, attento più al gossip che all'evento stesso. È affascinante vedere come, ancora oggi, seri personaggi, stimati per le loro capacità o per l'importanza della loro funzione, fanno carte false per partecipare a tali conventicole con corredi di liturgie e le necessarie sfilate lasciandosi irretire, a volte, da qualche apprendista stregone e coinvolgere in fatti poi saliti agli onori della cronaca giudiziaria: tanto è forte questo mito!

[modifica] Note

  • 1^  Piccinni G. - I mille anni del medioevo.
  • 2^  Cardini F. - Il Guerriero e il Cavaliere.
  • 3^  Cardini F. - Quella antica festa crudele.

[modifica] Bibliografia

  • Barber R. - The figure of Artur - Londra, Longaman, 1972.
  • Cardini F. - Quella antica festa crudele - Milano, Mondadori, 1995, ISBN 8804423137.
  • Cardini F. - Alle origine della cavalleria medievale - Scandicci, La nuova Italia, 1997, ISBN 8822104412 .
  • Duby G. - Lo specchio del feudalesimo - Bari, Laterza, 1998, ISBN 842056502.
  • Duby G. - Guglielmo il Maresciallo - Bari, Laterza, 1995, ISBN 8842042617.
  • Garin E. - L'uomo del Rinascimento - Bari, Laterza, 2000, ISBN 8842047945.
  • Keen M. - La cavalleria - Napoli, Guida, 1986, ISBN 8870427544 .
  • Le Goff J. - L'uomo medievale - Bari, Laterza, 1999, ISBN 8842941971.
  • Huizinga - L'autunno del medioevo - Roma, Newton, 1997, ISBN 978881711644.
  • Mallet M. - Signori e mercenari. La guerra nell'Italia del Rinascimento - Bologna, Il Mulino, 1983, ISBN 8815002944.
  • Piccinni G. - I mille anni del medioevo - Milano, Bruno Mondadori, 1999, ISBN 8842493554.
  • Settia A. A. - Rapine, assedi, battaglie: la guerra nel Medioevo - Bari, Laterza, 2002, SBN LO10718097.

[modifica] Voci correlate

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