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Basilica di San Zeno (Verona) - Wikipedia

Basilica di San Zeno (Verona)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La Basilica di San Zeno a Verona è considerata il capolavoro del romanico in Italia. Si sviluppa su tre livelli e l'attuale struttura fu impostata nel X XI secolo. Il nome del santo viene talvolta riportato in altri due modi, e così viene talvolta nominata la Basilica di Verona: San Zeno Maggiore o San Zenone.

Basilica di San Zeno
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Basilica di San Zeno

Indice

[modifica] La Storia

San Zeno morì nel 380. Nella cronologia della chiesa veronese fu l'ottavo vescovo. Lungo la via Gallica, nella zona dell'attuale chiesa, vi era il cimitero dove il santo fu sepolto. Sulla tomba fu edificata una piccola chiesetta da Teodorico re Ariano.

La leggenda vuole che durante la devastante piena dell'adige del 589 l'inondazione si bloccò sulla soglia della chiesa, risparmiando i fedeli. Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum riporta che ne fu testimone il re Autari La prima chiesa fu distrutta nel IX secolo. Venne subito ricostruita per volere del vescovo Rotaldo e di re Pipino su progetto dell'arcidiacono Pacifico.

Questa nuova chiesa fu distrutta dagli Ungari all'inizio del X secolo. Dopo una breve traslazione nella Cattedrale di Santa Maria Matricolare il 21 maggio 921 il corpo di San Zeno fu riportato nella cripta che oggi è il livello più basso della basilica. La cerimonia fu molto importante, si decise che il trasporto della salma fosse affidato ai santi eremiti Benigno e Caro, considerati a quel tempo i soli degni di toccare il corpo del Santo.

Alla cerimonia erano presenti, il re, il vescovo locale e quelli Cremona e Salisburgo. San Zeno è uno dei santi a cui è stato cambiato più volte il giorno della commemorazione, dal 2004 si è deciso, la Diocesi ed il Comune di Verona, di celebrarlo nel giorno della traslazione del suo corpo nella attuale sede, al fine di non sovrapporlo alle feste pasquali e di poter dedicare un periodo più lungo ai festeggiamenti.

La chiesa prende l'attuale forma e struttura, rispettando i canoni dello stile romanico veronese, sotto il vescovo Raterio, che ebbe i fondi per la costruzione dall'imperatore tedesco Ottone I nel 967.

Nel 1117, il 3 gennaio, la chiesa fu danneggiata da un terremoto che colpì e danneggiò gravemente molte città del nord Italia, e nel 1138 fu allungata e ingrandita. La sistemazione che è arrivata ai giorni nostri fu finita nel 1398 a cura degli architetti Giovanni e Nicolò da Ferrara con rifacimenti del soffitto e dell'abside in stile gotico.

[modifica] La facciata

Viene descitta come semplice e possente, Sembra un ossimoro. È il modello a cui si ispirano tutti gli interventi del Romanico veronese. La facciata della chiesa è caratterizzata da elementi che si possono considerare come parte di un insieme:

[modifica] Il rosone circolare detto anche Ruota della fortuna

Rosone della Basilica di San Zeno
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Rosone della Basilica di San Zeno

Il rosone fu opera di Brioloto è decorato da sei statue che raffigurano le alterne vicende umane: La prima figura rappresenta l'uomo saldamente sul trono, poi precipita, continua schiacciato dalla sventura e poi è in ripresa e risalita creando la ruota della fortuna. Fu una delle prime finestre romaniche, caratteristica che passò al gotico. Dall'esterno la ruota si chiude in quattro cerchi in marmi bianchi azzurri e tufo, le statue in altorilivo sono sul secondo cerchio esterno. All'interno una ruota con un mozzo a dodici lobi e un centro diviso a sua volta in dodici settori divisi da raggi costituiti da coppie di colonne che uniscono il mozzo ai quattro cerchi. Nel mozzo del rosone sono scolpiti due distici in latino:

En ego fortuna moderor mortalibus una,
Elevo, depono, bona cunctis vel mala dono
Induo mutados, denudo veste paratos,
In me confidit si quis, derisus abibit.

ovvero: Ecco, solo io Fortuna, governo i mortali; elevo, depongo, dono a tutti i beni ed i mali; vesto chi è nudo, spoglio chi è vestito. Se qualcuno confida in me, se ne andrà deriso

[modifica] Il Protiro

Leoni del Protiro
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Leoni del Protiro
Protiro Basilica di San Zeno
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Protiro Basilica di San Zeno


Il protiro è attribuito al maestro Nicolò ed è del XII secolo. I leoni alla base rappresentano la forza su sui si basano le colonne che simbolicamente rappresentano il diritto e la fede. Il protiro si basa alle colonne su due cariatidi rannicchiate, e come ideale continuazione delle colonne stesse sono scolpiti i bassorilievi di san Giovanni Battista e san Giovanni Evangelista. Sull'arco risaltano l'Agnello e la mano di Dio benedicente con una scritta latina che tradotta recita: La destra di Dio benedica le genti che entrano per chiedere cose sante..

All'interno, nella lunetta alcune scene dedicate alla storia cittadina di quei tempi. Vi è la consacrazione del comune veronese libero finalmente dalle servitù feudali verso l'impero tedesco. Al centro della lunetta si trova un San Zeno benedicente mentre calpesta il demonio che simboleggia il paganesimo sconfitto simbolo anche del coevo potere imperiale identificato come il male.

Ai lati di San Zeno sulla destra i rappresentanti della nobiltà veronese e delle famiglie dei mercanti a cavallo (gli equites) e a sinistra i rappresentanti del popolo, dei fanti armati (i pedites). San Zeno, nella scena, consegna una bandiera ai veronesi, una sorta di investitura di derivazione sacra, l'affresco è accompagnato da una scritta in latino: Il Vescovo dà al popolo la bandiera degna di essere difesa / San Zeno dà il vessillo con cuore sereno Niccolò sotto la lunetta ha posto bassorilievi che rappresentano i miracoli compiuti da San Zeno: l'esorcismo sulla figlia di Gallieno preda del demonio, un uomo salvato mentre precipitava in Adige su un carro e i pesci che San Zeno pescatore donava.

Sulle mensole interne ed esterne del protiro sono rappresentati i dodici mesi dell'anno con i lavori tipici relativi ai mesi, questo calendario inizia da marzo. Nel protiro vi sono mescolati tre tipi di rappresentazioni, quelle sacre relative alla vita del santo, quelle politiche relative alla nascita del comune e quelle profane rappresentate dai mesi e dai mestieri collegati. Dodici mesi che riprendono i dodici settori della ruota della fortuna e riprendono anche la rotazione e la ripetizione di un ciclo, i mesi e le stagioni che indefinitamente si susseguono. È la parte didattica rivolta al popolo che non sa leggere ripetuta più volte nella architettura della Basilica.

[modifica] Il portale con 48 formelle bronzee

Il portale della chiesa, oramai chiuso per motivi di sicurezza, è decorato con 24 formelle quadrate bronzee per ogni anta della porta. Le formelle sono legate fra di loro da cornici di bronzo. Oltre alle formelle regolari, ve ne sono di minori su entrambe le parti della porta. A destra ve ne sono sette rettangolari che rappresentano probabilmente santi e figure storica, l'attribuzione non è certa per tutti: San Pietro, San Paolo, San Zeno, Sant'Elena, Matilde di Canossa, il suo sposo Goffredo e, lo scultore.

Matilde ed il marito sono rappresentati per le donazioni all'Abazia, ed è curiosa la presenza di un autoritratto di chi le fece. A sinistra le formelle minori sono più eterogenee: tre vengono chiamate gli imperatori e tre rappresentano le tre virtù teologali. Sulla base otto piccole formelle riprendono un tema caro a chi ha eretto la Basilica: la musica. Questa volta sono dei re suonatori con degli strumenti in mano.

Le formelle non sono coeve. Le prime sono di origine tedesca. probabilmente fuse in Sassonia. Hanno un forte collegamento con le analoghe del duomo tedesco dell'XI secolo di Hildesheim. I monaci benedettini dell'Abazia erano in quel momento tedeschi. Altre appartengono alla scuola veronese ed opera di almeno due scultori: i miracoli di San Zeno e il Vecchio Testamento. Lo stile li avvicina alla scuola veronese e vengono citati come esempi Antelami, Nicolò e Guglielmo; gli ultimi due autori del protiro. Nel momento dell'allargamento della facciata le formelle furono rimontate in forma casuale, perdendo il filo logico che le univa.

Da parte di molti studiosi viene data una patente di unicità alla struttura del portale, una complessità ripetuta poche volte in altri luoghi di culto.

[modifica] I bassorilievi ai lati del Protiro

Ai lati del protiro e del portale ci sono 18 bassorilievi risalenti al XII secolo. A sinistra quelli del maestro Guglielmo e a destra quelli del maestro Nicolò. Sono soggetti sacri tratti dal Nuovo e Vecchio Testamento e profani con al centro Teodorico. in uno il duello fra Teodorico ed Odoacre e in un altro Teodorico all'inseguimento del cervo, che rappresenta il demonio della Leggenda di Teodorico di Giosuè Carducci.

Le storie vanno lette dal basso in alto. Guglielmo a sinistra curò temi esclusivamente religiosi. Dall'alto, a coppie si ha: la Mano di Dio e l'Agnello, poi, il tradimento di Giuda e la crocifissione, indi, la fuga in Egitto e il battesimo di Gesù, ed infine, i Magi, la presentazione al tempio, l'avviso a Giuseppe, il presepio, la visitazione e l'annunciazione.

Nicolò, in basso mette re Teodorico a cavallo e il cervo che lo guida all'inferno, forse da questi bassorilievi il Carducci trovò l'ispirazione. Sopra si torna al Vecchio Testamento ed in particolare alla Genesi: Dio crea gli animali, Adamo, Eva; il peccato originale, la cacciata dal paradiso terrestre e la condanna al lavoro. Sopra fra le cariatidi, un leone e un ariete, un centauro e un cane musicisti che suonano.

[modifica] Il frontone

Il frontone (architettura) segna esternamente alla chiesa la sommità della navata centrale. Il frontone triangolare è di marmo bianco. Questo marmo crea un contrasto con il resto della facciata della chiesa fatta in tufo, pietra e percorso centralmente da sette lesene in marmo rosa.

Max Ongaro nel 1905 scoprì graffiti sul timpano relativi ad un grande Giudizio Universale. Lo riprodusse in calco e lo illustrò sul Bollettino d'arte del Ministero della Pubblica Istruzione. L'opera del Brioloto e di Adamino da San Giorgio è una delle più importanti ed antiche rappresentazioni veronesi del Giudizio Universale.

L'opera aveva al centro il Cristo in trono con a fianco due angeli, da Maria e da San Giovanni Evangelista. Al di sotto gli Apostoli e ai lati gli eletti ed i reprobi. Dalla parte degli eletti Abramo li tiene in grembo, degli angeli portano in cielo un re, un vescovo e due santi e i morti si alzano dalle tombe al suono delle trombe angeliche.

Dalla parte dei dannati gli angeli li cacciano con la spada e suonano trombe di giustizia. Fra i dannati un vescovo, un re e una donna. Cinque donne li seguono ed una di esse tira la barba al diavolo. Sullo sfondo le fiamme ardono i dannati e un diavolo li punisce.

[modifica] L'interno

L'interno di san Zeno
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L'interno di san Zeno

L'interno della chiesa è su tre livelli, dal basso: la Cripta, la parte centrale, detta anche chiesa plebana e il Presbiterio. La pianta della chiesa è a croce latina a tre navate.

[modifica] La Cripta

La cripta è del X secolo, dal 921 il corpo del santo è custodito in un sarcofago a vista con il volto coperto da una maschera d'argento. È una chiesa completa all'interno della Basilica. Ha una struttura particolare, è suddivisa in nove navate con gli archi sostenuti da ben 49 colonne, che hanno la particolarità di avere tutti capitelli differenti.

Adamino da San Giorgio, scultore locale, nel 1225 scolpì sugli archi di accesso decorazioni basate su soggetti non religiosi: animali fantastici e mostruosi. La cripta fu ristrutturata nel XIII secolo e XVI secolo.

[modifica] Parte centrale

La parte centrale detta anche chiesa plebana è a tre navate a croce latina. Le navate sono delimitate da pilastri a forma di croce in alternanza con capitelli con motivo zoomorfo e capitelli corinzi spesso recuperati da edifici romani preesistenti. Il soffitto è ligneo e carenato è datato XIV secolo.

Fra la parte centrale e il presbiterio vi sono numerose opere d'arte pittoriche, dal XIII al XVI secolo e sculture dal XII al XIV secolo. Fra le altre una croce stazionale di Lorenzo Veneziano, la coppa di porfido che faceva parte di una terme romana della città a cui è legata una leggenda, il battistero di marmo ottagonale del XIII secolo, di Francesco Torbido la Pala della Madonna e Santi, l'affresco del XIII secolo di San Cristoforo.

[modifica] Presbiterio

Sull'altare maggiore vi è il sarcofago di San Lupicino, San Lucillo e San Crescenziano tutti e tre vescovi veronesi. A sinistra dell'abside sopra l'entrata della sagrestia troviamo un dipinto della scuola di Altichiero, la Crocifissione, e nella piccola abside di sinistra la statua in marmo rosso e colorato che ritrae il patrono detta il "San Zen che ride", eseguita da un anonimo del XII secolo, che rappresenta probabilmente l'icona più importante dei veronesi.

L'opera più importante del Presbiterio è il trittico, o meglio il polittico di Andrea Mantegna, considerato un capolavoro della pittura del rinascimento italiano. Il soggetto del polittico è nel trittico superiore la Madonna con Bambino e Santi, nel trittico inferiore detto della predella, scene della vita di Gesù. Il polittico fu portato via dai francesi di Napoleone nel 1797. Fu recuperato il trittico superiore dopo anni, il trittico inferiore, ancora in Francia è una copia, opera di Paolino Caliari, discendente di Paolo Veronese.

[modifica] Altri interni

Le altre parti interne facevano parte dell'Abazia in parte distrutta. Si ricorda il chiostro, che al suo interno contiene una edicola e il Sacello di San Benedetto.

[modifica] La parte esterna, il campanile e San Procolo

Campanile di San Zeno
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Campanile di San Zeno
Trifore del Campanile
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Trifore del Campanile

[modifica] Il Campanile

Il campanile è staccato dalla chiesa. La torre campanaria è alta 72 metri. I lavori di costruzione e restauri iniziarono nel 1045 con l'abate Alberico e finirono nel 1173 con il maestro Martino. Un lungo lavoro interrotto dal terremoto del 1117 con il restauro seguente del 1120. Il campanile riprende lo stile della chiesa, sopra la zoccolatura alterna fasce di tufo e cotto che ne dona la sua bicromia.

Vista l'altezza, è diviso in piani da cornici ad archetti di tufo ed ha un doppio ordine di trifore. La cuspide svetta sulla cima del campanile ed ha quattro pinnacoli angolari. È decorato all'esterno da scultore romane. Le prime campane furono di Glismerio nel 1149. Solo la campanella ottagonale detta del figar è rimasta fra quelle originali, aveva una funzione particolare, veniva suonata in occasione dei temporali.

[modifica] La Chiesa di San Procolo

Chiesa di San Procolo
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Chiesa di San Procolo

San Procolo fu il quarto vescovo di Verona. La chiesa a lui dedicata ne conserva le sue spoglie. La prima erezione fu del periodo paleocristiano V o VI secolo all'interno della necropoli pagano-cristiana lungo la via Gallica. Le prime tracce scritte furono nel 846 per l'elogio funebre dell'arcidiacono Pacifico in un elenco di opere da lui costruite o restaurate.

Dopo il terremoto del 1117 fu completamente rifatta. Fino al 1500 fu arricchita di affreschi ed opere d'arte. All'interno si trovano opere di Antonio Badile e Giambettino Cignaroli (Sant'Elena che adora la croce del 1741), Del 1764 vi è L'ultima Cena e San Biagio che guarisce gli infermi di Giorgio Anselmi. L'altare maggiore è fatto con una lastra di verde antico.


La chiesa è a una sola navata. Anche la chiesa di San Procolo ha una cripta con resti preterremoto. La cripta è a tre navate con 6 colonne e 12 lesene ha al suo interno resti della chiesa paleocristiana e della necropoli. Nel 1492 furono scoperte reliquie di santi e vescovi del passato: i resti dei santi Procolo e Agapito, e reliquie di Sant'Euprepio e Cricino.

Nel restauro di pochi anni fa (1984-1988) a cura dell'architetto Libero Cecchini ha portato alla luce affreschi dal 1100 al 1400. Nel 1806 decadde da parrocchia del rione in seguito all'abolizione dell'abazia, fu adibita spesso ad usi profani ed inizio la sua decadenza. La facciata è del XII secolo con un piccolo protiro e due bifore.

[modifica] Il rapporto con il rione e la città

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