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Caltabellotta affonda le proprie radici nei lontani albori della civiltà indigena Sicana dove dominava il regno del Re Kokalo. L’approdo dei Fenici sulle coste, li porta a valorizzare l’aspetto strategico – commerciale del luogo. Nello stesso tempo radicano tradizioni e religione, diffondendo il rito dei loro Dei sacrificali. I Greci approdando la chiamano (Tria Kala) Triokala, definendola così, per la ricchezza delle acque, per la posizione strategica e la fertilità della terra. Nell’ampliamento della Magna Grecia, la cultura Ellenica porta anche il culto del Dio Kronos che collegato con quello degli dei Fenici, porta al rito del sacrificio umano. L’impero romano presidia Triokala durante le guerre servili riuscendo a sottomettere gli schiavi ribelli insediati nella roccaforte della città. Le religioni fenicie e greche sono cancellate dalla predicazione di San Pellegrino che divulga la novella cristiana, debellando i sacrifici umani. Nel periodo paleo – cristiano, fu costruita la prima chiesa sul pianolo Lauria, della quale rimane la pianta sulla quale fu costruita l’odierna Cattedrale. Del periodo bizantino rimane poco come documentazione storica, tranne per pochissime tracce del loro passaggio. Chi ottiene risonanza sono gli Arabi che conquistando Triokala e ne cambiano il nome in "Qal’at al Ballut", letteralmente “rocca delle querce”. Gli stessi Saraceni costruiscono una Moschea con annessa una torre adibita a minareto e torre d’avvistamento. Ancora oggi molti termini dialettali sono derivati, oltre che dal greco, dall’arabo ed il quartiere adiacente al pianolo Lauria rispecchia l’urbanistica araba. Con l’invasione dei Normanni per opera di Ruggero e la sconfitta degli Arabi, Caltabellotta diventa roccaforte per la regina Sibilla e per il piccolo re Guglielmo III. Molte sono le opere monumentali normanne ed arabo-normanne all’interno dei percorsi del paese, dalla stessa Cattedrale e l’arco di Salvoporto. Grande importanza riveste Caltabellotta nel periodo della guerra dei Vespri per il grande apporto dato alla tanto sperata pace. Le trattative tra Angioini ed Aragonesi, furono redatte sotto l’occhio attento del Nunzio Apostolico designato nell’Arcivescovo di Cefalù. Così nel 1302 venne sottofirmata una tregua che perdurò nei secoli ed ancora ora è chiamata “La pace di Caltabellotta”. L’arrivo degli Spagnoli si sovrappose a quello degli Ebrei che nonostante la predominanza iberica, riuscirono ad edificare un quartiere ed una Sinagoga che ancora si può vedere. Nel periodo dei Conte Luna il castello, del quale rimane solo un torrione e delle cisterne, diventa luogo d’incontri e scontri. Qui arriva persino uno dei più grandi menestrelli del periodo chiamato Adam le Roi e tanti altri come Wolfram von Eschenbach con i Perollo di Sciacca e nell’omonimo caso. Il Boccaccio fa rivivere le cortigianerie del tempo in una novella del Decamerone.
I Fenici
Grandi navigatori, pirati, commercianti e divulgatori della propria religione dedita agli dei Baal ed Astarte, portano a Camico il rito sacrificale al dio Baal, il quale divorava i propri figli appena generati. Per questo motivo i sacrificati erano per lo più bambini.
I Romani e le Guerre Servili
La leggendaria rocca di Camico, fu abbandonata e cessò di esistere attorno al 258 a.C. quando i Romani, conquistandola, divisero le sue terre ai contadini ed ai pastori. La città fu abbandonata, lasciando spazio ed importanza alla città di Triokala, alleata di Agrigento e Siracusa. La città fu dichiarata censoria perché il suo territorio fu considerato proprietà del popolo romano. Maggiore importanza Triokala la ebbe con le Guerre Servili, in quanto, scelta come sede degli schiavi, Trifone la considerò sede del suo regno, disprezzato tra l’altro e non riconosciuto da Roma durante la seconda Guerra Servile. All’inizio di quest’ultima, nel 104 a.C. circa, il Pretore della Sicilia Licinio Nerva, accolse le richieste degli schiavi resi tali contro diritto e ne liberò circa ottocento, fomentando gli altri schiavi ribelli che furono ridati come tali ai loro stessi padroni. I ribelli, temendo castighi al ritorno, si rifugiarono, dopo tante peripezie, presso Triokala. Qui, sotto la guida di Salvio, combatterono insieme ad oltre quarantamila uomini, contro i romani. L’inesperienza e la stessa strategia dei romani nell’assediare, portò alla disfatta degli schiavi, che invece di combattere, si rifugiarono all’interno della roccaforte di Camico favorendo, dopo due anni di lotte, la vittoria dell’esercito romano nel 99 a.C., comandato dal Console Aquilio. Gli schiavi, guidati da Satiro, si erano rifugiati in Triokala e costretti ad arrendersi per la fame, di questi se ne salvarono solo mille e fatti prigionieri, furono condotti a Roma per combattere contro le bestie negli spettacoli del Colosseo. Qui gli schiavi non diedero lo spettacolo desiderato, infatti si misero in fila e si uccisero a vicenda l’un l’altro ed alla fine Satiro rivolse il gladio verso di se e si tolse la vita. Bisogna ricordare che durante le guerre Servili, morirono circa un milione di schiavi e che le distruzioni delle campagne e delle città ridussero la Sicilia in gravi condizioni di disagio.
Gli Arabi 800 – 950 d C
Gli Arabi portano con il loro avvento la loro cultura imponendo anche la loro religione islamica. Cambiano il nome della città di Triokala in "Qal’at al Ballut", letteralmente “rocca delle querce”, rimarcando l’aspetto della città. Edificano una grande Moschea che tuttora è visibile e visitabile con annessa una torre – minareto. Rimanendo in loco per più di cento anni, cercano di adattare urbanistica con la propria araba, ricostruendo i loro quartieri, come è ancora visibile nel quartiere della Terra Vecchia