Teoria dei nodi
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La teoria dei nodi è una branca della topologia, a sua volta branca della Matematica, e si occupa delle curve chiuse intrecciate. A causa di una serie di legami con altre scienze quali Fisica subatomica, Chimica molecolare e Biologia non è però possibile relegare questa teoria all'interno della matematica.
Una rappresentazione del nodo può essere fatta attraverso una linea spezzata, come in figura. Per espandere ulteriormente il nodo vengono poi aggiunti dei triangoli. Un altro tipo di rappresentazione è attraverso curve continue, più adatte alla rappresentazione dei nodi ottenuti da forme differenziali.
[modifica] Storia
Un primo accenno di sistematizzazione della teoria dei nodi venne fatto da Vandermonde (1735-1796), il matematico che introdusse il determinante, nel XVIII secolo, ma a parte rari sprazzi, si dovette attendere la fine del XX secolo per vedere la teoria dei nodi trovare una formalizzazione, anche in conseguenza della sua importanza in fisica teorica, per l'elaborazione delle teorie note collettivamente come teoria delle stringhe.
Il primo impiego in fisica è però dovuto a William Thomson, ossia Lord Kelvin: in pieno dibattito tra teoria ondulatoria e corpuscolare, egli propone nel 1867 gli atomi vortice. Essi sarebbero formati da un'onda intrecciata in un nodo chiuso, come quello di figura 2.
Annodandosi in maniere più o meno complicate, si determinerebbero le proprietà chimico-fisiche degli atomi. Da notare come, traslato alle particelle subatomiche e allo spaziotempo, il concetto sia identico nella teoria delle stringhe menzionata prima. Le molecole deriverebbero dall'unione dei nodi. In realtà i nodi sono un caso particolare di link, ossia curve chiuse intrecciate nello spazio. A differenza dei nodi, i link possono essere formati da più curve. Il link più semplice è mostrato in figura 3. Le molecole di Thomson sarebbero dunque dei link.
Un seguace di Thomson, Peter Tait si pose il problema della classificazione dei nodi. Egli considerò solo i nodi alternati, ossia quelli in cui il filo passa alternativamente sopra e sotto ogni incrocio. Nel 1899 lo statunitense Little espanse la classificazione ai nodi non alternati, fino a 10 incroci.
La teoria di Thomson, che a taluni potrebbe apparire bizzarra, ai tempi in cui fu formulata era capace di spiegare molti dati sperimentali.
Tuttavia alla pubblicazione della tavola periodica degli elementi di Mendeleev, tutta la teoria dei nodi di Thomson e allievi venne abbandonata.
Bisogna attendere il 1928 per trovare un significativo passo in avanti: lo studio dell'equivalenza dei nodi tramite invarianti. Il concetto è quello di applicare delle regole che associno alle costruzioni dei nodi dei polinomi, per generare così un isomorfismo tra nodi e polinomi a una variabile. Per essere efficace, l'isomorfismo dovrà essere per lo meno iniettivo: ad ogni nodo deve corrispondere un solo polinomio, e non devono esserci due nodi con lo stesso polinomio.
Nel 1949 il matematico tedesco Horst Schubert dimostrò un teorema di fattorizzazione unica in nodi primi prendendo spunto dall'aritmetica dei numeri naturali. Il Teorema di Schubert asserisce che qualunque nodo può sempre essere considerato come una successione di nodi elementari denominati, similarmente alla nomenclatura matematica dei numeri, nodi primi.
Reidemeister propone tre operazioni, dette mosse di Reidemeister, denominate Ω1, Ω2, Ω3 e rappresentate in figura 4. Esse consistono nella formazione/scioglimento di un ricciolo, nella separazione/sovrapposizione di due tratti di corda non incrociati, e nello scavalcamento di un incrocio da parte di un tratto di corda.
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[modifica] Collegamenti esterni
[modifica] Bibliografia
- Ashley, Clifford W., "The Ashley Book of Knots", Faber & Faber, Londra, 1972
- Sossinsky, A., "Nodi", Bollati Boringhieri, 2000, ISBN 8833912353
- Thomson, W., Hydrodinamics, "Proceedings of the Royal Society of Edinburgh", n. 41, 1867
- Michele Emmer, a cura di, "Matematica e cultura 2000", Springer Italia, Milano, 2000
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