Romanizzazione (storia)
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Per romanizzazione si intende il processo di integrazione delle popolazioni soggiogate ai Romani, dai quali ricevevano nuove leggi, riti e costumi che, spesso, non cancellavano le antiche usanze e tradizioni religiose locali, ma semplicemente vi si sovrapponevano adattandosi a ciò che era in contrasto con le leggi e gli usi di Roma.
I rapporti di Roma con le singole numerose popolazioni, dapprima italiche poi dell'intero bacino del Mar Mediterraneo erano regolati dal Senato e da trattati che determinavano la condizione dei popoli subordinati, solitamente a seconda del tipo di rapporto stabilito con gli interessi di Roma. Si distinguono in tal senso popolazioni dediticie e foederate. Le prime, sconfitte a seguito di guerra, accettavano la resa e le condizioni imposte dal Senato, che si riservava la proprietà del territorio e della popolazione; le seconde, in virtù di un antico rapporto di alleanza e di pace con Roma, erano considerate come alleate, dovevano quindi fornire aiuto all'esercito e, in cambio del della protezione e supervisione politica, avevano diritto all'assistenza militare romana: si trattava in buona sostanza di una federazione con lo stato romano.
Queste ultime popolazioni conservavano la proprietà dei loro territori e il diritto di governarsi con una certa autonomia, come nel caso dei Salii, dei Libui, degli Ictimuli e di Vercellae, ovvero l'attuale Vercelli, in grazia, probabilmente, di un patto di antica data. In quest'ultima città, infatti, non si verificano centuriazioni con espropri e ridistribuzioni di terre così come invece accade nelle aree dei Salassi o ad Ivrea.
La vera e propria romanizzazione dell'Italia non è mai stata ottenuta militarmente. Le città ed i popoli sono stati conquistati in un contesto bellico. Ma una volta subentrata la pace imposta dai vincitori, i vinti conservavano appunto la maggior parte dei loro usi, e da nemici diventavano alleati, anche se nel passaggio avevano perso non pochi uomini, uccisi o asserviti, e se spesso una parte del loro territorio era stata requisita e ridistribuita. La romanizzazione non interveniva che in un secondo momento, attraverso un processo di integrazione economica, politica e culturale che si svolgeva in un arco di tempo comprendente più generazioni.
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[modifica] Romanizzazione dell'Etruria
Con il II secolo a.C. la romanizzazione dell'Etruria può dirsi ormai completo: il paesaggio è caratterizzato dalle città alleate, dalle colonie e dalle loro infrastrutture, vi si aggiunge una moltitudine di piccole fattorie e nelle zone periferiche sopravvivono villaggi di origine etrusca. Nel corso del secolo cominciano a formarsi nei territori delle colonie delle proprietà più grandi, detti ville: aziende agricole specializzate che commercializzano i loro prodotti creati anche grazie all'apporto di schiavi. Nel territorio di Cosa sono presenti grandi fornaci di anfore accanto alle ville, utilizzate come contenitori per il vino, poi rinvenute anche su numerosi relitti nelle rotte commerciali all'interno del Mediterraneo.
Nel 89 a.C. gli etruschi ed i coloni latini ottengono la cittadinanza romana, ma il periodo successivo è segnato da gravi avvenimenti militari: viene distrutta definitivamente Talamone, ma probabilmente anche Roselle, Vetulonia, mentre a Populonia la distruzione è ricordata dalle fonti. I mutamenti che si registrano nel territorio sono per la maggior parte contraddistinti dalla rovina dei piccoli proprietari e del coloni, con la scomparsa dei loro insediamenti nelle campagne, a favore delle ville.
Nel corso della seconda metà del I secolo il panorama delle campagne muta profondamente a causa di un cambio di tipo di gestione del suolo: si diffondeun altro tipo di villa, la villa marittima, edificio molto lussuoso, spesso di proprietà imperiale. Ancora legate a questo periodo sono l'espansione e la monumentalizzazione delle stationes, luoghi di sosta che presentano in genere grandi impianti termali finemente decorati.
Già con la fine del II secolo le campagne a ridosso della costa sono investite da una crisi che costringe al fallimento alcune delle aziende agricole fiorenti fra la fine della repubblica e i primi secoli dell'impero. Il fallimento risiede principalmente nel modo di produzione schiavistico, ed è un segnale delle difficoltà dell'intera economia della penisola italiana che non riesce a reggere la concorrenza delle province esterne dell'impero come la Spagna. Le produzioni intensive come vite e olivo vengono soppiantate dai cereali e dalla pastorizia che necessitano di minore manodopera: non a caso, tali colture caratterizzeranno per secoli il paesaggio maremmano. Il calo demografico nelle campagne contribuisce fortemente all'impaludamento delle coste, il reticolo dei canali di drenaggio della centuriazione romana viene lasciato all'incuria e nel giro pochi decenni l'intero regime idrogeologico dell'area si avvia al degrado.
[modifica] Romanizzazione della Romagna
La conquista romana rovescia il precedente ordinamento a carattere tribale. In questo senso lo stesso orizzonte spaziale della Pianura padana venne pesantemente modificato: la naturalità del paesaggio venne ricreata entro la nuova istituzione della centuriazione, che ridisegna il tutto con la razionalità squadrata di rette che si incrociano ortogonalmente: i kardines e i decumani. La centuriazione è lo strumento fondamentale di organizzazione dell'ambiente, predisponendo l'occupazione stabile dei nuovi spazi creando centri urbani e strutturando il territorio e la campagna.
La fondazione di nuove colonie porta con sé l'arrivo di numerose famiglie dall'Italia centrale e meridionale già acquisita da Roma. Le migrazioni vengono programmate con blocchi di seimila famiglie, poiché ogni famiglia era tenuta per legge a fornire un soldato, seimila famiglie fornivano seimila soldati, ovvero una legione. I coloni erano tutti volontari, rispondendo a regolari bandi del Senato romano e ricevendo un contributo per le spese di viaggio e di primo impianto. Provenivano dal centro e dal sud potevano essere ex nemici di Roma come Piceni, Equi o Sanniti, oppure cittadini romani di bassi strati sociali, allettati da una nuova autonomia economica che veniva loro garantita.
Di conseguenza l'esperienza della colonizzazione impone ai romani di portare alle popolazioni padane la propria strutturazione giuridico-politica per organizzare le proprie comunità lontane e inglobare i popoli conquistati. Così, attorno alle nuove comunità, si dispongono le tribù vinte che vengono assorbite o integrate, già verso il 150 a.C. la lingua dei Galli scompare dalla Valle padana.
In Transpadana, dove erano stanziati Insubri, Cenòmani e Veneti, la proprietà agraria romana sdi sovrappose quasi pacificamente ai preesistenti sistemi tribali celtici. Roma lasciò ampi spazi alla sopravvivenza dell'insediamento originario e questo fu uno degli elementi che favorì un epilogo non violento del processo di romanizzazione. L'intervento romano in Cispadana (attuali Emilia Romagna e Liguria), invece, fu caratterizzato da confische agrarie e di redistribuzione di terre. Qui intere popolazioni vennero quasi del tutto sterminate o deportate, per far posto a nuovi coloni romano-italici. Questa decimazione toccò prevalentemente i Boi e i Senoni tra i Celti, e gli Apuani tra i Liguri, determinando un radicale sconvolgimento dell'assetto demografico di queste regioni. A questo fece seguito l'impianto di un'economia agraria, la più avanzata dell'epoca, articolata tra piccole, medie e grandi proprietà condotte come aziende a monocultura, i cui prodotti venivano quindi smerciati nei mercati urbani.
Le stesse vie romane che attraversarono in pochi decenni tutta la Cisalpina furono costruite per consentire in primo luogo i collegamenti militari. Le guerre contro i Liguri, con la conseguente fondazione di colonie nel loro territorio, non rappresentano solo l'espansione nella penisola, ma sono anche premessa dell'espansione verso l'occidente, quindi verso Sardegna, Spagna, Cartagine.
Dal punto di vista giuridico lo Stato romano aveva un diritto di dominio su tutte le terre, definite perciò ager publicus. I privati avevano diritto di proprietà solo sugli appezzamenti che lo Stato assegnava loro in proprietà libera, piena e trasmissibile (ager privatus). Le terre erano concesse in fitto, quindi lo Stato poteva rivendicarle in qualsiasi momento. Il privato era anche tenuto a corrispondere all'erario a titolo d'imposta (vectigal) una parte dei suoi prodotti.
Al momento della fondazione di Ariminum, nel 268 a.C., la superficie dei territori annessi a Roma era giunta a circa 25.000 Kmq. Dato che un terzo dei nuovi territori era di proprietà dello stato, la superficie dell'ager publicus era costituita da più di 800.000 ettari, determinando il moltiplicarsi sia dei piccoli poderi degli agricoltori liberi (assegnazioni viritane), sia la formazione di grandi proprietà terriere da parte delle classi sociali elevate.
[modifica] Romanizzazione della Sardegna
La conquista della sardegna ebbe inizio con il console T. Sempronio Gracco che occupò le grandi città costiere sardo-puniche, e nello stesso anno la Sardegna entrò sotto il dominio politico romano. Nel 227 a.C. diventò provincia romana assieme alla Corsica.
L'isola, fortemente punicizzata, fu interessata da un vasto processo di romanizzazione, ma le parti più interne restarono a lungo ostili ai nuovi dominatori, come d'altronde lo furono in passato nei confronti dei punici. Le fonti latine indicano una lunga serie di campagne contro le popolazioni ribelli dell'interno, che culminarono a volte in vere e proprie guerre contro movimenti separatisti, guidati o incoraggiati da esponenti della vecchia classe dominante di latifondisti sardi punicizzati.
L'opera di romanizzazione, affidata anche alla lingua latina a cui il sardo attuale aderisce più di ogni altra lingua romanza, fu completata con l'introduzione delle divinità, dei sacerdozi, e dei culti tipicamente romani. Le aree più intensamente romanizzate furono quelle costiere dedite alla coltura dei cereali (Romània), mentre nell'interno montuoso rimase fortemente radicata la cultura indigena (Barbària).
[modifica] Romanizzazione della Dalmazia
Prima dell'epoca imperiale la Dalmazia non venne mai elevata al rango di Provincia romana, mentre a partire dall'anno 14 la provincia romana di Dalmazia appare staccata dalla Pannonia e in età flavia il nome di Dalmatia sostituisce quello di Illyricum.
Roma impiantò in Dalmazia una fitta rete di presidi militari sulle Alpi Dinariche, favorendo nei centri costieri i conciliabula dei cittadini romani che si amalgamarono rapidamente con la popolazione locale. In questo momento storico si costituiscono fiorenti comunità latinizzate, la densità della popolazione in Dalmazia, nonostante le frequenti guerre, diventa cospicua soprattutto lungo la costa: secondo alcuni storici ai tempi dell'imperatore Augusto sfiorava il milione di abitanti.
Molto importanti erano le assemblee provinciali, i concilium, costituiti dai legati delle città dalmate e delle popolazioni rurali, il cui primo atto era quello di eleggere un sacerdos provinciae, deputato al sacrificio alla dea Roma e al divino imperatore, diffondendo così la sacralità e la grandezza civile e militare romana come una istituzione nei nuovi territori colonizzati.
Con la conseguente introduzione della civiltà e della religione romana fu introdotto anche il culto delle dodici divinità classiche dell'Olimpo greco-romano. Tuttavia, il nuovo culto italico non riuscì a eliminare i culti pagani di provenienza illirica, anch'essi fondati sulle forze naturali.
[modifica] Romanizzazione della Bulgaria
Al lavoro di urbanizzazione del retroterra bulgaro di Filippo II di Macedonia, succeduta alla presenza di città ellenistiche sulla costa, succedettero i romani che si occuparono della vera e propria urbanizzazione di tutta la regione, in special modo sotto Traiano; furono dapprima stanziati centri militari, poi sviluppati in colonie, e anche centri nati direttamente come città. Lungo il Danubio si contano Ratiaria (Archar), Oescus (Gigen), Novae (Svishtov), Durostorum (Silistra), mentre nell'interno Pautalia (Kjustendil), Serdica (Sofia), Deultum (Debelt, presso Burgas), Traianopolis (presso Alexandrùpolis), Marcianopolis (Devnja), Plotinopolis, Nicopolis ad Istrum (Nikiup presso Tirnovo), Nicopolis ad Nestum (presso Nevrokop), Augusta Traiana (Stara Zagora). Le città greche del Mar Nero conservarono la costituzione ellenica e formarono un koinòn (Tomi, Callati, Odesso, Istropoli, Dionisopoli e Mesembria), Anchialo divenne municipio, mentre nella zonna sopravvissero numerosi vici ed emporia, particolarmente sviluppati in una regione prevalentemente rurale. Nel processo di urbanizzazione molti erano gli immigrati dall'Asia e dalla Grecia, in minor numero dalla penisola italica.
Lo sviluppo civile fu favorito dalla rete stradale romana costituita da tre arterie principali:
- la via danubiana che seguiva il Danubio fino alla sua foce e congiungeva le città romane sorte lungo il corso e i punti fortificati, il prolungamento era detta via del Mar Nero che dalla foce del Danubio, seguendo la riva sinistra del Mar Nero, giungeva fino a Costantinopoli;
- la via centrale o diagonale che tagliava il centro della penisola balcanica, da Belgrado a Sofia, fino a Filippopoli, Adrianopoli, Costantinopoli;
- la via meridionale (Via Egnatia) da Durazzo a Costantinopoli, che attraversava la Macedonia e la Tracia meridionale lungo il Mar Egeo.
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