Prestigio
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Il termine prestigio (dal latino praestigum) significa "buona reputatione" o "alta stima", nonostante in origine significasse "delusione" o "trucco magico".
Il prestigio è uno degli indici di considerazione sociale più o meno accentuata di cui beneficiano individui o gruppi facenti parte di una collettività in funzione della posizione che ricoprono, del potere i cui dispongono, della propria storia personale.
Il prestigio varia a seconda dei valori dominanti nelle società. Ad esempio se viene attribuito più valore alla cultura piuttosto che alla ricchezza, allora sarà assegnato un più alto grado di prestigio agli intellettuali che non ai ricchi. Nelle società antiche era fonte di prestigio essere anziani oppure vigorosi guerrieri.
Sin dall'antichità, comunque, oltre al prestigio di tipo individuale, ve ne è stato uno di natura più collettiva legata al clan od alla casta di relativa appartenenza. Alcuni esempi legati al passato possono essere le classi sacerdotali, gli sciamani dell'africa centrale, i rabdomanti, gli astronomi, gli architetti dell'antico Egitto e così via. Nella cultura europea continentale vi è stata un'evoluzione del modello verso poeti, pittori, scrittori, musici, attori ed in generale verso ogni espressione delle arti in genere. Restano in ogni caso in auge le principali classi economiche facenti parti delle corporazioni e degli iscritti ad albi protetti: giornalisti, commercialisti, medici, notai, architetti, avvocati etc.
[modifica] Evoluzione semantica
Il termine prestigio nella sua semantica complessa può indicare dunque 1. un’illusione le cui cause sono ritenute magiche, sovrannaturali ed è allora sinonimo di fantasmagoria, incantesimo, «trucco»: ad operare «prestigi» sono i demoni, i maghi, le streghe, ma anche gli illusionisti, i «prestigiatori», appunto, in teatro; 2. un’apparenza che affascina e abbaglia, come quella che avvolge l’arte dell’oratore, del poeta, dello stilista d’alta moda; 3. la capacità di sedurre e di imporsi alla fantasia altrui, a partire dal «prestigio dell’uniforme» o dal successo sportivo, commerciale, finanziario o dall’effettiva autorevolezza dell’individuo: per es. “Il prestigio di Cavour in Italia resta vivo». Come ha rilevato una studiosa di Rousseau e Proust, B. Carnevali, il senso del termine ‘’’prestigio’’’ storicamente è passato da una originale connotazione magico-sacrale ad un significato intermedio incentrato sull’idea di artificio seduttore frutto non più di un intervento sovrannaturale, ma di una particolare abilità umana, per approdare infine all’accezione interamente mondana dell'attuale senso corrente in cui la parola ‘’’prestigio’’’ è un termine pienamente «secolarizzato». Il termine ‘’’prestigio’’’ che, un tempo, designava una famiglia di fenomeni che spezzavano miracolosamente l’ordine prevedibile della natura, oggi designa metaforicamente ciò che, pur appartenendo in tutto e per tutto all’esperienza ordinaria del nostro mondo disincantato, conserva in sé comunque qualcosa di «magico»,di «irresistibile», si tratti della bellezza travolgente di una fanciulla in fiore o del carisma di un leader politico o della malia che continua a promanare dall'uniforme dei cadetti dell'Accademia Militare. Analizzare il termine prestigio e i suoi derivati può essere una buona pista per rintracciare il clan dei sortilegi quotidiani che renderebbero più variopinta la nostra esistenza, se il prestigio odierno «demonicamente» conseguito dalla spazzatura televisiva non ottundesse così a fondo i nostri cervelli.
[modifica] Riferimenti bibliografici
B. Carnevali, Romanticismo e riconoscimento. Figure della coscienza in Rousseau, Bologna, Il Mulino 2004; L. Belloï;,La Scène proustienne. Proust, Goffman et le théâtre du monde, Paris, Nathan, 1993; J. Dubois, Pour Albertine. Proust et le sens du social, Paris, Éditions du Seuil, 1997; P. V. Zima, Le Désir du Mythe : une lecture sociologique de Marcel Proust, Paris, Nizet, 1973; M. Sprinker, History and Ideology in Proust Cambridge-New York, Cambridge University Press, 1994; C. Bidou-Zachariasen, Proust sociologue. De la maison aristocratique au salon bourgeois, Paris, Descartes & Cie, 1997.