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Paolo Volponi

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Paolo Volponi (Urbino 6 febbraio 1924 - Ancona 23 agosto 1994) è stato uno scrittore, un poeta ed un narratore italiano.

Indice

[modifica] Biografia

Nel 1947 ottenne la laurea in legge. Determinante per la sua carriera è stato l'incontro, avvenuto nel 1950, con l'imprenditore Adriano Olivetti, che con la sua visione sociale e solidaristica dello sviluppo indistriale lo convinse a farsi assumere presso un ente di assistenza sociale, per il quale compì inchieste sull'evoluzione economica del Sud e lavorò a Roma a partire dal 1953.

Nel 1956 entrò alla Olivetti di Ivrea come direttore dei servizi sociali, e dal 1966 al 1971 tenne la direzione dell'intero settore delle relazioni aziendali. Successivamente si trasferì a Torino, dove dal 1972 avviò una consulenza con la Fiat per i rapporti tra fabbrica e città in un momento particolarmente difficile per la vita nella provincia torinese.

Nel 1975 divenne presidente della Fondazione Agnelli, ma fu costretto a lasciare tale incarico per la sua adesione al Partito Comunista Italiano, sgradita ai vertici della Fiat. Dopo essere stato assistente della società Finarte a Milano aderì da indipendente al PCI per il quale divenne senatore nel 1983. Divenne anche presidente della Cooperativa soci dell'Unità, promuovendo con il giornale una fitta rete di iniziative fra cui un convegno nazionale su Pier Paolo Pasolini a Bologna, nel 1987. Da questa esperienza nacque l'associazione Casa dei pensieri in seguito diretta da Davide Ferrari.

Di fronte alla crisi della sinistra degli anni Ottanta Volponi si oppose alla dissoluzione del PCI e nel 1991, al momento della nascita del Partito Democratico della Sinistra, aderì al nuovo gruppo di Rifondazione Comunista, che a suo avviso "manteneva viva la speranza di un mondo più giusto e più razionale". Morì all'ospedale regionale di Ancona a causa di una malattia che lo colpì ai reni.

[modifica] Le opere

L'attività letteraria di Volponi prese avvio nel 1948, anno dell pubblicazione de "Il ramarro", raccolta di poesie sospese tra tardo ermetismo e neorealismo. Le opere successive ("L'antica moneta" del 1955; "Le porte dell'Appennino" del 1960, per il quale ottenne il premio Viareggio, e "Foglia mortale", stampata in edizione ridotta nel 1974) denotano un nuovo stile narrativo, paragonabile al poemetto, in cui Volponi cerca nel paesaggio campagnolo e contadino i segni del difficile rapporto tra l'io e la realtà.

L'opera narrativa invece iniziò nel 1962 con il "Memoriale", incentrato sulla contrapposizione operai-imprenditori negli anni Sessanta. Dopo il tentativo, abbandonato dallo stesso autore, di creare un "romanzo di formazione" (che si sarebbe dovuto intitolare "Repubblica borghese") Volponi scrisse nel 1965 il romanzo "La macchina mondiale": parzialmente autobiografica, quest'opera narra la vicenda di un giovane uomo che, stanco della routine di Urbino, si trasferisce a Roma, dove vive le speranze e le illusioni della grande città. Con quest'opera egli vinse il premio Strega.

Dopo "Corporale" (1974), ampio romanzo in cui il protagonista (l'intellettuale Gerolamo Aspri) dopo brutte esperienze in fabbricà ed in città parte alla conquista della realtà, Volponi tentò varie strade letterarie, frutto di sperimentazioni in gran parte davvero vissute, e nel 1991 vinse per la seconda volta il premio Strega con "La strada per Roma", rifacimento aggiornato de "La macchina mondiale".

Infine, "Le mosche del capitale" (1989; suo ultimo romanzo), narra in terza persona la vita di un manager democratico ed aperto, il professor Bruto Saraccini, la cui genialità viene schiacciata in azienda dalle cieche logiche di potere e di guadagno. Il titolo di quest'opera allude ai dirigenti industriali di alto livello che, con apparente leggerezza ma con profonda volgarità, rifiutano i sentimenti e la democrazia in nome del Dio denaro.

[modifica] L'ideologia

L'opera e la vita di Paolo Volponi testimoniano un vigoroso rapporto con la realtà contemporanea, con i suoi aspetti essenziali e determinanti: la letteratura è per lui un modo per investire il mondo con una soggettività risentita ed appassionata, per affermare l'esigenza di una razionalità capace di affermare le più integrali possibilità dell'uomo e di mirare ad una libera espansione delle sue facoltà corporee e mentali, a uso positivo del lavoro, della scienza e della tecnica.

L'adesione all'umanesimo, affettuata dal Volponi durante la sua giovinezza ad Urbino, non venne mai meno nella sua produzione letteraria, ma venne affiancata nella maturità da un forte impegno politico a sinistra, con una disponibile attenzione alle forme della modernità.

Convinto della possibilità che la società industriale ha di evolversi in modo democratico, soprattutto durante gli anni della vecchiaia egli vide nel comunismo il mezzo ideologico che le grandi e povere masse di uomini sfruttati dall'industria hanno per liberarsi dal giogo del capitalismo: ciò nonostante, egli considerò positiva l'industrializzazione (ovvero il "boom economico") che l'Italia stava attraversando negli anni Cinquanta e Sessanta, entrando per questo soventemente in polemica con Pier Paolo Pasolini, di parere nettamente opposto.

Accusato spesso di eccessivo ottimismo, Volponi vide con lucidità gli elementi negativi che aleggiavano in Italia durante la sua maturità: l'onnipotenza delle telecomunicazioni, l'intreccio di trame e poteri occulti, lo strapotere dell'industria nei contronti della terra e della città nei confronti della campagna lo scossero profondamente, ed egli reagì a questi fenomeni auspicando la formazione di un mondo giusto ed abitabile e cercando di resistere alla degradazione morale e culturale del paese, senza però rinnegare la sua storia nè le secolari memorie della nazione.

Non c'è dubbio che il primo Volponi sia quello che più importa mettere alla prova del tempo. Le due grandi direttrici della narrativa volponiana, la storia della modernizzazione capitalista e l'utopia del suo impossibile rovesciamento, orientano già i primi tre romanzi qui editi, e ad esse corrispondono analoghe procedure sul piano della scrittura, in bilico tra realismo e lirismo, tra peso saggistico e levità poetica.

In una delle più interessanti "prose minori" edite in questo libro, Le difficoltà del romanzo, col suo caratteristico incedere contorto e minuzioso, Volponi ricorda che ciò che scrive "non deve rappresentare la realtà ma deve romperla" e che la lettura dei suoi romanzi non si può fare "stando seduto socialmente, accomodato" ma esige " quella stessa attenzione che [si] adopera nell'innamoramento, (...) quella stessa attenzione con la quale [ci] si accinge a studiare, a scoprire le cose e le persone nuove". In questo modo giustifica la scrittura non pacificata che caratterizza le sue pagine (Volponi non scrive in proprio troppo diversamente da come stendono i loro "memoriali" i suoi personaggi, tipo Anteo Crocioni della Macchina mondiale) e il piglio saggistico, riflessivo dei suoi romanzi, il cui scopo non è più "quello di narrare, che vuol dire sistemare, curare, ma quello di contribuire, nelle sue libere forme, al dibattito".

Inutile dire che questa forte motivazione ideologica, per quanto teoreticamente assai libera e spregiudicata, appare, con la sua stessa radicalità, come uno degli elementi che più distanziano l'opera di Volponi dal gusto dei contemporanei. Quei suoi personaggi "isolati, fuori della società e di ogni rappresentazione che di essa si dà (...) per forza poco accomodanti, antipatici ed esaltati" sono mossi da un'istanza critica nei confronti del reale oggi, ahimè, non più di moda.

La contemporaneità accetta infatti di mettere in discussione la consistenza ontologica del reale, ma non il tasso di mistificazione imposto ad esso dall'economia mondiale e dalla ideologica dominante. Il vasto dubbio filosofico è ammesso, mentre quello politico, molto più circoscritto, è meno condiviso. Per questo, oggi si può continuare a leggere tranquillamente Calvino come un contemporaneo e sentire invece Volponi come uno scrittore di un'altra epoca.

Probabilmente, proprio questa è la miglior prova della validità delle denuncia volponiana della vischiosità dei processi di omogeneizzazione dell'uomo moderno indotti dal neocapitalismo dei suoi tempi, dall'odierno liberismo, che si è imposto come un pensiero unico, da cui sembra impossibile e neppure augurabile (anche a molti esponenti della sinistra) liberarsi. Ma non c'è dubbio che anche per questo la rilettura di Volponi oggi dura fatica a uscire dai circuiti degli addetti ai lavori. La sua lontananza dall'attualità è poi aggravata dalla scrittura, dal montaggio dei suoi romanzi, realizzati (con il loro sperimentalismo, il loro incedere arduo e complicato) in modo da mettere in difficoltà il lettore, da impedirgli quelle semplificazioni, quelle identificazioni e quegli accertamenti che tipicamente scattano di fronte ai classici.

Volponi, con una durezza senza indulgenze e, a mio avviso, troppo autogiustificativa, vedeva in questi atteggiamenti il segno di un uso non critico (da parte degli autori e dei lettori) dell'invenzione letteraria, e negava ostinatamente che classico sia, in fondo, il romanzo con le cui vicende e personaggi, grazie alla forma, ci si identifica e in cui ci si riconosce, indipendentemente dall'epoca in cui è ambientato e dall'età in cui è stato scritto.

I romanzi di Volponi si collocano invece deliberatamente lontano dal lettore (anche da quello loro contemporaneo) e, se lo avvicinano, lo fanno, eventualmente, solo per la via esplicita dei temi (come nel Pianeta irritabile, il cui argomento sempre attualissimo - l'apocalisse postatomica - lo apparenta al magnifico Mio Dio grazie di Malamud) e non per la più decisiva via delle strategie compositive, delle tecniche della narrazione, dello stile.

Dal punto di vista della forma i romanzi di questo inesauribile sperimentatore si situano tra i testi del disordine, della contestazione anche stilistica del mondo (massime Corporale), della traduzione in pericolose oscillazioni sintattiche della dialettica senza sintesi che governa la realtà. La denuncia della degradazione imposta dalla modernità occidentale all'uomo e alla natura trova nella scrittura di Volponi un corrispettivo stilistico che non illude intorno alle possibilità di controllo razionale della devastazione descritta e si impegna semmai a mimarla e a denunciarla.

Ma proprio questa opzione insieme così vistosamente letteraria e politica, questo spessore del pensiero e della lingua tengono i romanzi di Volponi, massime quelli di questo primo volume, distanti dall'oggi e li situano in una stagione culturale irrimediabilmente trascorsa. Prigioniero della sua stessa oltranza ideologica e del suo esibito impegno stilistico, uno come Volponi è oggi, purtroppo, tanto impraticabile quanto culturalmente necessario. Neppure chi non si arrende di fronte all'ideologizzazione estrema della realtà odierna riesce infatti a denunciarla con le parole, pur in sé tanto condivisibili, di Volponi.

Come osserva giustamente Zinato, Volponi si è riconosciuto in Pasolini (e non in Calvino), nella Morante (e non in Umberto Eco) ed è rimasto estraneo agli interessi delle generazioni a lui successive, che si sono ritrovate invece nelle cifre stilistiche degli autori a lui non congeniali, certo politicamente anch'essi schierati, ma stilisticamente ubiqui. Non a caso, la raccolta integrale dei romanzi volponiani si concluderà, rispettando la cronologia di stampa, con quella Strada per Roma che, edito nel 1991, era stato però "pensato nel 1955-56 e scritto nel 1962-64": quasi un segno visibile dell'età di cui Volponi è stato uno straordinario interprete, ma da cui non è mai letterariamente uscito.

[modifica] Bibliografia completa

  • Il ramarro (1948)
  • L'antica moneta (1955)
  • Le porte dell'Appennino (1960)
  • Memoriale (1962)
  • La nuova pesa (1964)
  • La macchina mondiale (1965)
  • Una luce celeste (1965)
  • I sovrani e la ricchezza (1967)
  • Accingersi all'impresa (1967)
  • La barca Olimpia (1968)
  • Olimpia e la pietra (1968)
  • Le mura di Urbino (1973)
  • La vita (1974)
  • Corporale (1974)
  • Foglia mortale (1974)
  • Il sipario ducale (1975)
  • Il pianeta irritabile (1978)
  • Poesie e poemetti 1946-1966 (1980)
  • Il lanciatore di giavellotto (1981)
  • Con testo a fronte (1986)
  • Le mosche del capitale (1989)
  • Case dell'alta valle del Metauro (1989)
  • Nel silenzio campale (1990)
  • È per un'impudente vanteria (1991)
  • La strada per Roma (1991)
  • Il leone e la volpe (1995)
  • Poesie (2001)
  • Romanzi e prose I, II, III (2002-2003)

[modifica] Collegamenti esterni

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