Formulazione debole
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Nello studio delle Equazioni alle derivate parziali (EDP) è di fondamentale importanza lo studio della formulazione debole dei problemi differenziali 'classici', che per dualità vengono anche chiamati problemi in forma forte. La formulazione debole di un problema deriva da quella forte (in un modo che vedremo in seguito), tant'è che una soluzione del problema forte (o soluzione forte) è anche soluzione del problema debole (o soluzione debole o anche soluzione integrale). Ovviamente non vale il viceversa (per lo meno non se si vogliono interpretare le derivate in senso classico), altrimenti i due problemi sarebbero sostanzialmente lo stesso problema e non vi sarebbero vantaggi nello studio del problema debole. Il fatto che invece quest'ultimo sia in generale più ricco di quello forte ne rende interessante (e spesso anche essenziale) lo studio. Ma procediamo per gradi e introduciamo la formulazione debole di un problema differenziale.
[modifica] L'idea generale
L'idea di fondo delle formulazioni deboli è quella che portò anche all'introduzione in matematica delle distribuzioni o funzioni generalizzate: si tratta di non identificare più una funzione in base al valore che essa assume in vari punti, ma in base a come essa "agisce" su delle opportune funzioni test che appartengono a uno spazio test V. Intuitivamente, se questo spazio è abbastanza grande e se ha certe proprietà che qui non discutiamo, è ragionevole pensare di ricostruire la nostra funzione (generalizzata) sapendo come essa agisce su ogni funzione test dello spazio, intendendo con ciò il valore che assume un dato funzionale applicato alla funzione test e alla funzione in questione. Nel caso delle formulazioni deboli, quello che si fa è di moltiplicare (scalarmente nel caso multidimensionale) ambo i termini dell'equazione per una funzione test v e di integrare poi ambo i membri su tutto il dominio di interesse. Dopodiché si "scaricano" le derivate (integrando formalmente per parti) dalla funzione u sulla funzione test v quanto basta per poter richiedere la minor regolarità possibile sia a u che a v. Da quanto detto segue che come minimo essenziale per poter effettuare le integrazioni, sia u che v devono stare in L2 (altrimenti l'integrale non ha senso); inoltre per poter integrare anche i prodotti tra le derivate occorre che stiano anche in Hk, dove k indica il massimo ordine di derivazione che compare dopo aver scaricato le derivate di u sulla funzione test v.
[modifica] Esempio monodimensionale
Consideriamo il seguente problema di Poisson con condizioni al bordo miste omogenee
Moltiplichiamo a destra e a sinistra per una funzione test v, riservandoci di specificare dopo in quale spazio la scegliamo, e integriamo per parti tra − 1 e 1.
Sfruttando le condizioni al bordo su u possiamo scrivere
Ora appare chiaro che sia u che v devono stari in H1( − 1,1) per dar senso agli integrali. Spesso, inoltre, in analisi numerica, si preferisce effettuare il cambio di incognita ponendo
Dove Rg è il rilevamento di u sul bordo; Rg assume quindi al bordo gli stessi valori di u, in modo che sia nulla sul bordo. Inoltre Rg deve appartenere anch'essa a H1, di modo che sostituendo nell'equazione si ottenga
Se ora si sceglie come spazio delle funzioni test {} allora e v stanno nellos tesso spazio. Questo è molto utile, poiché risulta possibile applicare un ben noto risultato di analisi funzionale, il lemma di Lax-Milgram, per verificare se il problema è ben posto, cioè se ammaette un'unica soluzione e se questa dipende con continuità dai dati.
[modifica] Analisi del problema in forma debole
Coninuiamo per semplicità a riferirci all'esempio precedente. tuttavia i risultati che vedremo si possono facilmente generalizzare a operatori differenziali generici. Appare evidente che (quantomeno su domini limitati) una soluzione forte è anche soluzione debole. Infatti, se u è soluzione forte, sarà quantomeno di classe C2,avrà cioè almeno due derivate continue. Le procedure di integrazione per parti sono dunque lecite e u soddisfa dunque anche la formulazione debole. Ci poniamo però il problema inverso: supponiamo di trovare una soluzione u del problema debole; essa soddisfa anche il problema forte? E se sì, in che senso? Si vede subito che u non può essere soluzione forte se si interpretano le derivate in senso classico per due motivi:
- u appartiene a H1 e dunque non può avere in generale una derivata seconda continua (altrimenti sarebbe anche in H2), come invece richiesto dalla soluzione forte.
- nella formulazione debole non è nemmeno chiesto che u sia definita ovunque. Affinché gli integrali (di Lebesgue) abbiano senso, u può assumere valori arbitrari anche in un'infinità numerabile di punti del dominio (più precisamente in un insieme di misura nulla secondo Lebesgue).
La soluzione a questo problema si ha considerando u non più come una funzione, ma come una distribuzione. Assumendo ciò e interpretando le derivate nel senso delle distribuzioni, si può dire che u soddisfa il problema forte (nel senso delle distribuzioni). anche l'assunzione dei dati al bordo è problematica: per quanto detto sopra, considerando che il bordo del dominio ha sempre misura nulla, parlare del valore di u sul bordo non ha senso classicamente. La soluzione a questo problema si ha considerando il dato al bordo assunto nel senso delle tracce, ossia come limite (nel senso di L2) di funzioni di classe C infinito a supporto compatto che approssimano u nel senso di H1
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