Federico De Roberto
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Federico De Roberto (16 gennaio 1861, Napoli - 26 luglio 1927, Catania) fu uno scrittore verista.
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[modifica] Biografia
De Roberto nasce a Napoli ma cresce a Catania, dove la madre, siciliana, ritornò nel 1870 dopo essere rimasta vedova.
[modifica] La prima formazione
A Catania si iscrisse all'Istituto tecnico e frequentò il corso di scienze fisiche, Scienze matematiche, naturali ed ebbe pertanto una prima formazione scientifica alla quale affiancò presto l'interesse per gli studi classici allargando la sua cultura al latino e agli studi letterari.
[modifica] L'esordio letterario
Il suo esordio letterario avvenne con il saggio "Giosuè Carducci e Mario Rapisardi. Polemica", pubblicato a Catania dall'editore Giannotta nel 1881.
Fu presto conosciuto negli ambienti di intellettuali per la sua attività di consulente editoriale, di critico e giornalista sulle pagine dei due settimanali che uscivano a Catania e a Roma, il "Don Chisciotte" e il "Fanfulla della domenica".
Egli infatti diresse dal 1881 al 1882 la rivista "Il Don Chisciotte" e dal 1882 al 1883 iniziò la collaborazione con "Il Fanfulla della domenica" sotto lo pseudonimo di Hamlet.
Per l'Editore Giannotta fondò la collana di narrativa dei "Sempreverdi" ed ebbe modo di conoscere Capuana e Verga con i quali strinse una salda amicizia.
Nel 1883 raccolse in un volume dal titolo "Arabeschi", tutti i suoi scritti di arte e letteratura a nel 1884 avviò la collaborazione (con il suo vero nome) con il "Fanfulla della domenica", collaborazione che durò fino al 1900.
Un momento importante per la formazione dello scrittore fu l'incontro, durante un soggiorno in Sicilia, con Paul Bourget (1852-1935), a quei tempi molto noto per i suoi studi psicologici e per i romanzi, nei quali analizza minuziosamente le coscienze tentando di giungere ad una "anatomia morale".
[modifica] A Milano con Verga e Capuana
Decisivo fu per il De Roberto il trasferimento a Milano nel 1888 dove fu introdotto da Verga nella cerchia degli Scapigliati, e conosce Praga, Boito, Giacosa e Camerana consolidando sempre più la sua amicizia con lo stesso Verga e Capuana.
Nel periodo del suo soggiorno milanese collaborò al Corriere della Sera e pubblicò diverse raccolte di novelle e romanzi, fino al suo capolavoro "I viceré".
[modifica] Il ritorno a Catania
Nel 1897 ritornò a Catania, dove rimase fino alla morte, salvo brevi viaggi nel continente.
A Catania ebbe un incarico come bibliotecario e visse sostanzialmente appartato e deluso per l'insuccesso della sua opera narrativa.
Mentre questa tace egli indirizza il suo lavoro intellettuale alla pubblicistica e alla critica, tra i quali si ricordano gli studi su Leopardi e soprattutto sul Verga che giudicò sempre un maestro.
Alla morte del Verga il De Roberto riordinò in modo accurato le sue opere e iniziò uno studio biografico e critico che rimase interrotto per la morte avvenuta a Catania per un attacco di flebite il 26 luglio 1927.
[modifica] Opere
[modifica] Le opere di carattere verghiano
Dopo il volumetto di poesie "Encelado", pubblicato a Catania dall'editore Galatola nel 1887, nascono le prime raccolte di novelle, "La sorte" del 1888 e "Documenti umani" dello stesso anno, che si muovono già su una linea verghiana, ma con personali e significative scelte.
In queste raccolte infatti non è assente la tematica paesana e rusticana, ma l'attenzione dello scrittore si concentra soprattutto sul mondo della nobiltà in disfacimento, sia socio-economico, sia fisiologico e su quello dei nuovi borghesi che cercano di confondersi con l'ambiente dei nobili.
[modifica] Le opere di analisi psicologica
Seguono i romanzi di analisi psicologica "Ermanno Raeli" del 1889 e "L'illusione" primo del "ciclo" dedicato alla famiglia Uzeda ai quali seguiranno "I Viceré" del 1884 la cui trama include, in ordine cronologico, gli avvenimenti dell'Illusione e dell'Imperio.
In questi romanzi la tematica psicologica e intimistica gioca sull'interiorità dei personaggi e ruota intorno al contrasto tra illusione e realtà, con i conseguenti motivi della nevrosi e delle inibizioni.
La tematica psicologia ritornerà nella raccolta di novelle "Processi verbali" del 1889 e "L'albero della scienza" del 1890 nei quali verranno però anche ripresi i temi e i metodi veristici.
[modifica] Pubblicazioni varie
Negli anni che vanno dal 1892 al 1900 la produzione del De Roberto sarà molto varia, esempio di un itinerario non lineare ma tormentato e complesso, tipico di quegli anni che aveva investito la cultura del positivismo.
Pubblicò infatti il saggio "La morte dell'amore" nel 1892, "L'amore. Fisiologia. Psicologia Morale" nel 1895 e nel 1897 il romanzo "Spasimo" che era apparso a puntate tra il novembre del 1896 e il gennaio del 1897 sul "Corriere" e una monografia su Leopardi del 1898, oltre alle "Lettere d'amore immaginarie", "Gli amori" nel 1898 e i saggi "Una pagina della storia sull'amore" dello stesso anno, "Il colore del tempo" nel 1900 e sempre nel 1900 "Come si ama".
Quando per condizioni di salute dovette trascorrere lunghi periodi a Zafferana Etnea si dedicò alla compilazione di guide turistiche e nel 1908, dopo un viaggio a Roma, iniziò il romanzo "L'Imperio", rimasto incompiuto e pubblicato postumo da Mondadori nel 1929. l
[modifica] Poetica
Sostenitore convinto della poetica naturalista e verista, De Roberto ne applicò rigorosamente i termini, portando alle estreme conseguenze quegli aspetti di impersonalità del narratore e di osservazione rigorosa dei fatti che, però, contribuiscono a volte ad appesantire la narrazione.
Le tecniche narrative di De Roberto sono funzionali alla narrazione impersonale ma diverse da quelle di Verga. Innanzi tutto non è presente la regressione della voce narrante nella realtà rappresentata, è presente invece, come nel Mastro-don Gesualdo, il discorso indiretto libero ma in larga misura la narrazione si fonda sul dialogo e sulla presenza di didascalie descrittive. La narrazione tende a far propria la tecnica teatrale e infatti nella Prefazione ai “Processi verbali” De Roberto afferma: “L’impersonalità assoluta non può conseguirsi che nel puro dialogo, e l’ideale della rappresentazione obiettiva consiste nella scena come si scrive per il teatro”.