Amici miei atto III
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Amici miei atto III | |
Titolo originale: | Amici miei atto III |
Paese: | Italia |
Anno: | 1985 |
Durata: | 110' |
Colore: | colore |
Audio: | sonoro |
Genere: | commedia |
Regia: | Nanni Loy |
Sceneggiatura: | Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Tullio Pinelli, Nanni Loy |
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Fotografia: | Claudio Cirillo |
Montaggio: | Franco Fraticelli |
Musiche: | Carlo Rustichelli, Paolo Rustichelli |
Si invita a seguire lo schema del Progetto Film |
Amici miei atto III (1985), per la regia di Nanni Loy, è l'ultimo episodio della saga dedicata ai terribili amici toscani.
Gli sceneggiatori sono gli stessi ma il risultato non riesce ad essere all'altezza dei precedenti episodi. Lo schema comico strutturato sulla sequenza degli scherzi e delle beffe risulta ormai logoro e ripetitivo. La confezione generale del film è scialba ed incolore, sebbene qualche trovata strappi ancora un sorriso allo spettatore. Le prestazioni artistiche dei protagonisti sono come al solito eccellenti, ma danno vita solo a delle copie patetiche dei noti personaggi che in quest'ultimo episodio perdono gran parte del loro carattere principale.
[modifica] Trama
Gli amici questa volta sono rimasti in quattro (Il Perozzi non compare nel film) e appaiono decisamente invecchiati ma sempre impegnati nel loro passatempo preferito: le zingarate.
Teatro delle loro imprese diviene una esclusiva casa di riposo per vecchi facoltosi, dove viene ricoverato il Conte Mascetti su iniziativa dei suoi stessi amici. Il terzo atto della saga si conclude con il Professor Sassaroli che vende la sua clinica e compra la casa di riposo nella quale intanto si erano fatti ricoverare anche il Melandri e il Necchi. I 4 alla sera non sapendo che fare si recano alla stazione per "salutare" tutti coloro che partono ma a causa della vecchiaia sono loro ad esser presi a ceffoni dai passegeri non più vittime. Protagonista della scena ultima è il genio del Mascetti che sopperisce all'impossibilità di saltare e dare ceffoni ai passeggeri con una pompetta riempita con inchiostro che vuole forse essere un invito a non darsi mai per vinti.
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