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Altri versi

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Altri versi, il settimo libro poetico, fu pubblicato nel 1980 a cura di Gianfranco Contini e Rosanna Bettarini e contiene 75 poesie. La disposizione finale è stata curata dai due curatori. Il libro è diviso in due parti: parte prima e parte seconda, ma le poesie si susseguono senza un tema prestabilito e nella forma libera già conosciuta nei libri precedenti. Il libro comincia con una serie di piccole poesie, piccolo cammei, fino ad arrivare al primo capolavoro assoluto la poesia n° 12 che ha questo incipit:<<Amici, non credete agli anni-luce>>. Questa breve poesia esprime tutto il pessimismo montaliano sulla condizione umana. Un pessimismo è netto e definitivo e non concede nessuna speranza per una salvezza né fisica né metafisica. Prima invita gli uomini a non credere né all’universo né alla scienza che lo studia. Dicendo che tutto è solo epifania. Poi afferma che la verità è nelle mani degli uomini e quindi esclude Dio, ma essa è inafferrabile e viscida come le anguille. Neppure i morti non hanno mai voluto comprendere la verità per non ricadere tra i viventi, dove tutto è difficile e inutile. Tutto è vano, tutto è illusorio. Non esiste niente. Neanche i morti nel mondo dell’aldilà l’hanno compresa forse perché mostruosa o inesistente. Questo invito agli amici a non credere a nulla toglie il respiro, toglie ogni illusione su una vita ultraterrena. Ritorna il tema dunque della illusorietà della vita sulla terra e il trascorrere del tempo inesorabile tanto che <<Non si tarda a capire che gli anni sono battibaleni e che il passato è già futuro. E il guaio è che l’incomprensibile è la sola ragione che ci sostiene>>. Subito dopo Montale tocca un tema molto raro nelle sue poesie e cioè il tema della felicità e di essa ci dà una definizione metafisica quindi poco reale. Nella poesia n° 20 scrive:<< La felicità sarebbe assaporare l’inesistenza/ pur essendo viventi neppure colti dal dubbio / di una fine possibile. Dice un sapiente che la vita quaggiù fosse del tutto improponibile / col corollario (aggiungo) che non era niente affatto opportuna>>. Io condivido questa definizione di Montale sulla felicità poiché credo che la vera felicità sia quella di assaporare la vita eterna pur essendo ancora viventi e senza essere colti dal dubbio di una fine possibile. Io credo infatti che la felicità terrena è precaria ed effimera come è evidente ogni giorno a me e a molti altri sfortunati continuamente, mentre la vera felicità sarà eterna. La poesia n° 21 è terribile poiché parla di una doppia vita (non capisco quale potrebbe essere questa doppia vita sulla terra, forse è una seconda vita dopo la morte , ma questo non si capisce). Forse si riferisce ad una specie di antivita come c’è l’antimateria. Come c’è l’antimateria così potrebbe esserci un’antivita, un doppione di noi. Ma in questa poesia Montale dice:<<Ma la sostituzione non fu feconda / affermano i fedeli del vecchio Dio. / Forse verrà Egli stesso dicono / a strapparci dal magma e a farsi vivo. / Siamo e viviamo dunque una doppia vita / sebbene l’egolatra ne vorrebbe una sola>>. La poesia n° 22 “L’ALLEGORIA” conferma tutto il buio che gli uomini hanno sulla loro situazione terrena e non sanno niente su niente.

L’ultima poesia della Prima Parte è ALUNNA DELLE MUSE. Questa poesia riparla di Dèi che potrebbero avere un palato diverso dal nostro e termina con i soliti dubbi sulla esistenza umana:<<eppure / abbiamo avuto in sorte la divina follìa / di essere qui e non là, vivi o sedicenti / tali, bambina mia>>.

[modifica] Seconda Parte

La Seconda Parte si apre con un capolavoro assoluto ALL’AMICO PEA. Questa poesia riprende il tema della felicità che si trova fuori dal tempo terrestre e umano. Bello l’incipit:<<Quando Leopoldo Fregoli udì il passo della morte/ indossò la marsina, si mise un fiore all’occhiello / e ordinò al cameriere servite il pranzo>>. Questa poesia è bella perché esprime una condizione generale umana e cioè l’approssimarsi della morte. Solo quando un uomo muore all’improvviso con un incidente o ucciso per sbaglio non si rende conto che la morte è vicina, mentre negli altri casi un uomo di rende conto dell’avvicinarsi della morte e la sente con i suoi passi che si avvicina sempre di più. Sono momenti terribili perché ogni uomo è impotente di fronte ad essa e non può far nulla per cacciarla via. L’uomo di fronte alla morte è veramente nulla, solo Dio può salvarci da essa. Ma Montale dà a Pea ancora la possibilità di scrivere oltre la vita così potrà dirci cosa c’è dopo, oltre il ciarpame del mondo nel quale siamo stati buttati per buona grazia. Ma non sapremo mai cosa scriverà poiché sarà letto solo in un congresso del quale si ignora la data perché è fuori del tempo, come dire tutto si risolverà nel silenzio assoluto del nulla.

Dopo molte poesie di vario contenuto, si arriva ad un’altra poesia che conferma il tema già espresso nella poesia dedicata all’amico Pea. Questa volta però la protagonista della poesia è la sua indimenticabile Mosca. Ecco il testo della poesia. Questa poesia dà un’altra definizione della felicità anche metafisica. Essa ci apparirà spaventevole ed è difficile credere che ora siamo intrappolati in attesa che scatti qualche serratura che ci permetta a nostra volontà di aprire una porta dove potremo trovare una felicità spaventevole, infinita. Ma tutto questo è solo utopia, illusione, quello che possiamo fare è mangiare qualsivoglia mangime, perché per ora la vita procede e non ferma la sua corsa. Dopo poche poesie ne segue una terrificante e terribile la poesia n° 60. Questa poesia è davvero terribile e terrificante poiché ci dà una immagine dell’uomo così netta e crudele, viva e tetra: noi ci portiamo addosso la morte, e quindi non siamo altro che morti viventi, morti che parlano e pensano. Cioè la vera vita è la morte e quindi non di passa dalla vita alla morte , ma dalla morte alla vita. Sapere di portarsi dentro la morte e sapere che ogni volto umano è il volto della morte è davvero tragico, per questo la vita diventa sempre un trabocchetto che ci fa sprofondare nel regno della morte improvvisamente e senza accorgercene. Per questa gli uomini non riescono a dare un senso alla vita perché la vita non esiste, esiste solo la morte che se ne va a spasso confinato dentro il corpo dell’uomo. Il poeta conclude che per lui era una rinascita, mentre la poesia esprime esattamente il contrario: l’oltrevita è solo l’altra faccia della morte che portammo rinchiusa in noi per anni e anni. Si arriva così alla fine dell’opera dove si leggono le ultime poesie. Nella poesia “QUARTETTO” Montale ci dà un bel quadro di un suo ricordo insieme al suo amico e poeta Camillo Sbarbaro e la sua compagna Elena Vivante e rinasce tutto il suo scetticismo sulla vita e sull’universo. Ecco i versi centrali:<<e dietro Sbarbaro / briologo e poeta – ed Elena Vivante / signora di noi tutti: qui giunti per vedere / quattro ronzini frustati a sangue / in una piazza-conchiglia / davanti a una folla inferocita. / e il tempo? Quarant’anni ho detto e forse zero./ non credo al tempo, al big bang, a nulla / che misuri gli eventi in un prima e in un dopo>>. Subito dopo c’è l’ultimo capolavoro assoluto di Montale Poiché la vita fugge. Questa poesia è un capolavoro assoluto perché esprime un addio alla vita melanconico e contemporaneamente sereno. Il poeta è conscio che ormai si approssima alla morte e allora gli vengono in mente molti momenti della sua vita passata e prima di tutti Clizia, la quale portava con sé uno scaffale che conteneva poeti equivoci e un ricettacolo di Santi Padri, che forse un giorno galleggeranno sulla cresta delle onde del prossimo diluvio. Poi, rivolgendosi a sé stesso dice:<<poi preparati al gran tuffo dalla vita alla morte>>. Un tempo fummo felice insieme e questo potrà essere distrutto? Nella parte finale della poesia Montale ritorna al tema metafisico: c’è chi dice che tutto ricomincia come copia, ma io non lo credo e chiede a Clizia << l’hai craduto anche tu>>. E termina con un riferimento alla Sibilla cumana che non lo sa neppure lei. E nessuno è tanto sciocco da darle ascolto nel caso che lei ci crederebbe e lo direbbe. Questo riferimento alla Sibilla cumana è particolare e singolare perché potrebbe richiamare l’ultima poesia di Vittorio Sereni scritta nel settembre ’79 e pubblicata all’inizio del 1979 e forse Montale conosce. Ma credo che Montale non l’avesse letta, chiuso in casa da molti mesi. Il finale della poesia di V. Sereni è questo:<<Ancora non lo sai – sibila nel frastuono delle volte / la sibilla, quella / che sempre più ha voglia di morire - / non lo sospetti ancora / che di tutti i colori il più forte / il più indelebile / è il colore del vuoto?>>. La poesia di Vittorio Sereni è anch’essa un addio alla vita. Sereni ricorda il padre e nella terza strofa richiama l’altra vita così poeta:<<Sappi – disse ieri lasciandomi qualcuno – sappilo che non finisce qui, / di momento in momento credici a quell’altra vita, / di costa in costa aspettala e verrà come di là dal valico un ritorno d’estate>>. Ora mentre Sereni spera di credere nell’altra vita, Montale afferma che nessuno nemmeno gli sciocchi potranno credere che tutto ricomincia eguale come copia. Nega recisamente l’altra vita. Gli aspetti estetici della poesia sono diversi: 1° motivo è la fluidità del linguaggio poetico; 2° motivo è la capacità di spaziare da un argomento all’altro senza muri come fosse un flusso di coscienza; 3° motivo il sentimento di serenità di fronte alla morte. Montale mostra una coscienza lucida e una fortezza d’animo stoica. Mostra una forza d’animo laico e razionale che non gli fa rimpiangere la vita passata e accetta con spirito fermo la cruda verità: <<io non credo che tutto ricomincia eguale come copia>>. E se anche la sibilla lo dicesse nessuno sarebbe così sciocco da crederle; 4° motivo la poeta è in perfetto equilibrio tra spirito laico e spirito razionalista, tra spirito stoico e spirito umano, limitato perché ignora veramente cosa c’è dopo la morte; 5° motivo è la perfetta mescolanza tra ricordi del passato e paure del presente e termina con una domanda essenziale per ogni uomo<<Fummo felici un giorno, un ‘ora un attimo / e questo potrà essere distrutto?>>. Questa domanda è effettivamente il clou della condizione umana solo la felicità terrestre è garanzia di una umanità immortale ed eterna. La felicità anche per momenti è la sola garanzia ontologica che l’esistenza dell’uomo su questa terra non passerà invano o inutilmente perché la felicità è la prova certa che gli uomini hanno realizzato cose tante grandiose e belle da essere regalate a Dio come Xenia, e noi siamo gli ospiti della casa di Dio. La felicità è la prova che l’uomo non vive solo di dolore ma che riesce a raggiungere anche se per momenti il fine ultimo della sua esistenza sulla terra e cioè la felicità, sicuramente non eterna, ma è il surrogato e l’anticipo di quella che vivrà nel mondo eterno. Seguono poi cinque poesie ispirate da Annetta. La penultima conferma ancora una volta tutto il pessimismo montaliano poiché termina con questi versi:<<La storia è disumana / anche se qualche sciocco cerca di darle un senso>>. L’ultima poesia è una poesia scherzosa e ancora una volta Montale di fronte alla morte si mostra umoristico e spiritoso. Ecco gli ultimi versi:<<Poi fu silenzio. Ora l’infante là /dove si sopravvive se quella è vita / legge i miei versi zoppicanti, tenta / di ricostruire i nostri volti e incerta dice/ Mah?>>. Per dire che anche da lassù tutto è misterioso e nessuno sa come stanno le cose.

[modifica] Aspetti estetici di Altri versi

L’ultima opera di versi Montale mostra ancora una volta il suo genio poetico. Mostra anche i segni e l’esperienza della sua età ormai ottantenne. Esprime la nostalgia per la vita che se ne andata e tutti i timori di un vecchio che sta per varcare il limite tra la vita e la morte. Ma mostra anche tutta la saggezza del grande vecchio che ha attraverso una buona parte di secolo conscio dei limiti degli uomini e della loro speranza di sopravvivere in un mondo fatto di beatitudine e di e felicità eterna. Montale esprime in questa grande opera poetica tutto il suo coraggio di vivere e di sopravvivere in un mondo disumano e crudele. Sa che solo l’amore delle donne attenua il dolore degli affanni e del male insito nella stessa vita e nella stessa natura. Ma di fronte ad esso non si dispera e non rinnega la vita, ma lancia l’appello di reagire di fronte alla morte con coraggio e fiducia che oltre il tempo qualcosa c’è di buono per tutti i nati su questa terra dal primo uomo all’ultimo uomo che vivrà su questa terra. Montale non conosce la verità e allora si limita ad elencare i punti di vista della gente comune sulla vita e sulla morte, dando diverse Weltanschauung senza preferirne una: sono tutte buone in quante umane. Ogni uomo elabora la propria visione di vita secondo la propria cultura e secondo il proprio Zeitgeist, e nessuno è cattivo se non lo stabilirà DIO. In sintesi gli aspetti estetici di Altri versi sono:

  • la forma delle poesie seguono un flusso di coscienza continua e libero da condizionamenti ambientali e sociali;
  • molte idee di Montale squarciano le tenebre che oscurano la vita degli uomini;
  • molte idee di Montale interpretano il mondo e gli danno un senso;
  • la crudezza di molte poesie spiegano che Montale non fu un poeta dell’amore ma fu il poeta dalla coscienza lucida e dalla volontà di vivere;
  • la crudezza dell’accettazione della morte che portiamo dentro fanno di Montale il Leopardi del XX secolo.

[modifica] Giudizio critico su Altri versi

Altri versi è un capolavoro poetico di questo secolo. Il libro continua la svolta e le novità già iniziate con Satura. Da Satura in poi Montale ha abbandonato lo stile alto e aulico delle Occasioni e di La Bufera ed altro, ma i nuovi libri non hanno perso niente, hanno anzi acquistato un senso di realtà che mancava nel secondo e nel terzo libro, e quindi si riagganciava allo spirito del primo libro Ossi di seppia, attraversato da un realismo concreto. Altri versi conferma la nuova visione di vita di Montale, non più ancorato a grandi speranze ed utopie metafisiche, salvifiche, cristofora, ma si calava nella società e realtà italiana del secondo dopo guerra fino al 1980, quando scrisse la sua ultima opera poetica. Ma pur abbassandosi alla realtà italiana, in verità l’elemento e l’aria metafisica non abbandona le ultime opere poetiche. Forse sono più metafisiche della seconda e terza opera poetica. Si tratta di dare una nuova dimensione alla nuova metafisica uscita dopo La bufera ed altro. Da Le Occasioni a La Bufera ed altro la metafisica di Montale era aere, evanescente, eterea, luminosa, divina, ma impotente di fronte alla vita e alla morte. Con Satura la metafisica si trasforma è diventa fantasmatica, sedicente, epifanica, ma anche spettrale ed esoterica. Montale toglie ogni ipotesi di salvezza religiosa o di fede, ma mantiene salda ancora la salvezza laica e fisica, razionale e materiale, benché è cosciente che la sola felicità si trovi nel fuori del tempo.

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